Ma al telefono con Olmert Romano fa retromarcia

da Roma

Per Romano Prodi un giro di contatti diplomatici con i capi mediorientali dopo le polemiche, una serie di telefonate che arrivano all’indomani dell’apertura del premier italiano nei confronti di Hamas. E mentre cala il silenzio all’interno dei principali vertici dell’Unione, qualche fonte diplomatica di Palazzo Chigi si appresta a precisare che le telefonate di Prodi ai leader del Medio Oriente «non sono riparatorie» ma rientrano nel «normale giro di consultazioni che il premier svolge regolarmente da un anno a questa parte», da quando cioè è stata avviata la missione Unifil in Libano.
La giornata del presidente del Consiglio inizia di buon’ora con una telefonata al presidente egiziano Hosni Mubarak. Nel pomeriggio, poi, quella con il primo ministro israeliano Ehud Olmert. E infine oggi Prodi sentirà anche il capo del governo libanese Fouad Siniora. Sul colloquio con Olmert, il più atteso dopo la reazione di «stupore e preoccupazione» espressa da Israele rispetto alle parole di Prodi su Hamas, palazzo Chigi sceglie la strada dei toni low profile. Raccontano che è stata «una lunga telefonata» (circa 15 minuti), tutta in inglese, «un colloquio molto cordiale e tranquillo». E aggiungono: da Olmert non è stato mosso «alcun rilievo, critica o disappunto» per le parole del presidente del Consiglio su Hamas. Il presidente del Consiglio, raccontano sempre da palazzo Chigi, ha spiegato al primo ministro israeliano che l’azione italiana è tesa a fare in modo che Hamas ottemperi alle tre condizioni poste dal Quartetto (Usa-Ue-Onu-Russia): vale a dire «il riconoscimento dello Stato di Israele, la rinuncia alla violenza e il rispetto degli accordi pregressi raggiunti tra Israele e l’Anp». La versione che arriva in serata dal governo israeliano ha toni un po’ diversi. Secondo l’ufficio di Olmert, infatti, Romano Prodi ha detto al premier israeliano «che la sua posizione era e rimane la stessa, e cioè che non bisogna avere contatti con Hamas, a meno che Hamas non rispetti interamente le tre condizioni del Quartetto». E quindi, dall’Italia «nessun cambiamento su questa posizione».
Intanto, se da palazzo Chigi, cercano di smorzare i toni della polemica, il ritornello sulle affermazioni di Prodi continua ad essere praticamente sempre lo stesso: «per noi il caso non esiste», aggiungendo «che le reazioni del governo israeliano alle parole del presidente Prodi sono state molto più misurate e composte di qualche esponente politico italiano», all’interno dell’Unione solo in pochi scendono in campo a difesa del premier. Tanto che c’è qualcuno tra i banchi della stessa maggioranza che fa notare: «Dove sono Fassino e il ministro degli Esteri D’Alema? Come mai tacciono in questa vicenda?». Gli unici segnali di plauso al capo dell’esecutivo arrivano, per lo più, dall’ala della sinistra radicale.

Jacopo Venier, responsabile esteri del Pdci, lancia infatti la sua accusa: «Di fronte all’aggressione della destra per le posizioni ragionevoli assunte dal governo sul processo di pace in Medio Oriente, ciò che emerge è l’assoluto silenzio del Partito democratico che non sostiene né il suo ministro degli Esteri D’Alema né il suo presidente del Consiglio Prodi». E conclude: «Agosto non è un buon motivo per non intervenire visto che stiamo parlando di una delle questioni cruciali della nostra politica estera».

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