«Temo soltanto di rimanere vittima della giustizia ingiusta»

Reggio Calabria«M’inginocchio e dico di essere innocente davanti a Dio», aveva detto dalla latitanza dopo la strage di Duisburg Giovanni Strangio, ritenuto ideatore ed esecutore dell’omicidio in Germania. È stato arrestato due notti fa vicino ad Amsterdam. Si sentiva al sicuro nel suo appartamento, nonostante nella stessa città, a novembre, fosse stato scovato Giuseppe Nirta, suo cognato e prezioso alleato nella guerra intestina contro la cosca nemica di San Luca, quella dei Pelle-Vottari, culminata nella strage del 15 agosto del 2007 in cui furono trucidate sei persone. Non se l’aspettava ma si sbagliava: l’irruzione della polizia lo ha lasciato confuso e sorpreso, dicono gli inquirenti. Il cerchio intorno al trentenne Strangio ha cominciato a chiudersi proprio dal giorno dell’arresto del cognato.
La squadra mobile di Reggio Calabria e lo Sco di Roma, che dal nove marzo avevano costituito un «team investigativo» con la polizia olandese e tedesca, da quel momento avevano infatti avviato un pedinamento costante delle persone che ne proteggevano la latitanza e una serie di complicate intercettazioni telefoniche, difficili da realizzare perché il temibile capocosca utilizzava sempre nuove schede sim. Accorgimenti rivelatisi insufficienti. In casa, dove viveva con moglie e figlio, Strangio aveva un milione di euro in contanti e un’arma. Nato a Siderno, provincia di Reggio Calabria, ma residente a Kaarst, nel Nord Reno-Vestfalia, a soli trent’anni l’ex «picciotto» è considerato un capo indiscusso nel mondo delle ’ndrine della locride. Un metro e 74 d’altezza, capelli scuri e occhi blu, era poco noto ai più prima della strage di Duisburg: in meno di tre anni la sua fama ha oltrepassato i confini nazionali. Lui però di quell’evento ha sempre negato ogni responsabilità: «Giuro di essere innocente dinanzi a Dio, al mondo intero e ai familiari delle vittime», aveva fatto detto a Panorama dalla sua latitanza un anno dopo la mattanza che fece il giro del mondo. E alla sua innocenza sembrava crederci davvero: «Non temo di essere arrestato. Temo soltanto di rimanere vittima della giustizia ingiusta».
Non ha mai negato di trovarsi in Germania il giorno della strage, ma non per ammazzare qualcuno, ma per curare i suoi interessi. La sanguinosa faida di San Luca? Per Strangio non esiste: «È una costruzione giornalistica e dei magistrati». Fantasia è anche la sua appartenenza alle cosche, che nega, spiegando il suo coinvolgimento con un’equazione: «Sono italiano, di San Luca e mi chiamo Strangio». Come dire: tutti fanno due più due e io rimango incastrato in fatti che nemmeno m’interessano. In carcere era finito la prima volta nel 2007. Era al funerale della cugina, Maria Strangio, uccisa da un sicario della cosca nemica dei Pelle-Vottari.

Quando la sua auto fu fermata dalla polizia, scese con calma ma con una rivoltella in mano. A farlo desistere dai suoi propositi fu un colpo di pistola sparato da un poliziotto che lo colpì al polpaccio. Dopo la breve prigionia le sue tracce si perdono, fino a Duisburg, fino a due notti fa.

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