Tentata scalata Bnl-Unipol "Antonio Fazio regista occulto dell'operazione"

Le motivazioni della sentenza di Milano: "Antonio Fazio regista occulto" della tentata scalata di Unipol a Bnl nel 2005. Consorte: "Assoluto protagonista". Le toghe ricordano i rapporti tra D'Alema e Bonsignore

Tentata scalata Bnl-Unipol "Antonio Fazio regista  occulto dell'operazione"

"Regista occulto" della mancata scalata di Unipol a Bnl nel 2005. Con queste parole i giudici della prima sezione del tribunale di Milano hanno definito il ruolo dell'ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio, motivando la condanna a 3 anni e 6 mesi nei suoi confronti in merito al tentativo di scalata alla Bnl.

Secondo quanto scrivono le toghe, "le prove dichiarative raccolte, riscontrate dalle conversazioni telefoniche intercettate e dalla prova logica, inducono quindi a ritenere fondata l’ipotesi accusatoria che vede Antonio Fazio perdere il ruolo di vigile equidistanza per assumere consapevolmente quello di regista occulto e di istigatore, determinato a perseguire - con ogni mezzo fraudolento e/o elusivo della normativa in tema di OPA e di patti parasociali - il suo fine di mantenere saldo il principio dell’italianità della Banca".

A tal proposito, hanno aggiunto i giudici di Milano, "il ruolo svolto da Fazio è stato percepito da Fiorani, da Boni, dai contro pattisti, dai dirigenti di Unipol e delle "banche amiche" come un ruolo determinante di propulsione e di agevolazione del piano criminoso e dei suoi passaggi cruciali".

Giovanni Consorte, ex presidente e ad di Unipol condannato a tre anni e dieci mesi, è stato invece "assoluto protagonista" della tentata scalata, secondo i giudici. "Tenuto conto sia del ruolo formalmente rivestito all’interno della società (quale amministratore delegato) sia per quanto operativamente posto in essere nell’ambito della vicenda", si legge nelle motivazioni, "è infatti del tutto evidente che Consorte abbia agito, nell’ambito degli eventi sviluppatisi da marzo a luglio 2005, da assoluto protagonista, essendo e apparendo quale l’ideatore, promotore ed esecutore dell’iniziativa (in qualunque prospettiva la si voglia considerare, ossia se lecita od illecita), ruolo mai smentito e, anzi, rivendicato".

Per quanto riguarda invece Francesco Caltagirone, condannato in primo grado a 3 anni e 6 mesi per aggiotaggio, il tribunale ha ritenuto comprovata la sua partecipazione "quale esponente primario del contropatto - all’accordo illecito finalizzato alla scalata occulta alla Bnl, accordo che si configura ab origine - dopo l’assemblea del 21.5.05 - come adesivo all’iniziativa di Unipol - con impegno parallelo di non adesione all’ops del Banco di Bilbao - e che si definisce nel dettaglio nella fase esecutiva della prima quindicina di luglio fino alla fase finale della vendita delle azioni a soggetti (così come avviene per gli altri contropattisti) che stipuleranno con Unipol i patti parasociali del 18.7.05".

Per i giudici, che "Caltagirone sia il soggetto di riferimento del contropatto - sia all’interno che all’esterno - è dato riferito da tutti i soggetti coinvolti nella vicenda, sia in udienza da Consorte, da Fazio e Frasca, sia dal tenore dalle telefonate in atti dove viene più volte definito il "capo cordata", anche direttamente da Consorte, parlando proprio con Caltagirone ("oh, eh, io parlo con te perché sei il capo cordata")".

I giudici hanno anche ricordato il ruolo recitato nella vicenda dall'allora leader dei Ds, Massimo D’Alema, soprattutto nei rapporti con l’europarlamentare Udc Vito Bonsignore in possesso di quote della banca. D’Alema non è mai stato indagato perché prima la Camera po il Parlamento Europeo negarono l’autorizzazione a utilizzare le telefonate.

I giudici hanno ricordato che il 14 luglio 2005 "alle ore 9,46, D’Alema telefona a Consorte e gli riferisce che è andato a trovarlo Bonsignore, in quanto voleva un consiglio, se rimanere dentro o vendere tutto. Voleva sapere da D’Alema "se lui gli chiedeva di fare quello che Consorte gli aveva chiesto di fare", perché voleva alcune altre cose, diciamo". E il collegio riporta anche parte del contenuto dell’intercettazione D’Alema-Consorte: "Massimo: ’a latere su un tavolo politico ... ti volevo informare che io ho regolato la parte mia e lui ha detto che resta". Consorte: "Gli ho detto ’Se lei vuole uscire, noi onoreremo gli impegni subito, come facciamo con gli altri. Se lei rimane ci fa piacerè". Massimo: "Gianni, andiamo al ... al sodo. Se vi serve resta". Gianni: "Sì sì esatto". E poi, scrivono ancora i giudici: "D’Alema raccomanda: ’Noi non ci siamo parlatì. E Gianni lo rassicura".

Peraltro, si legge ancora, "nella telefonata del 14.7.2005 ore 17,35, Consorte dirà a Sacchetti (Ivano, suo ex braccio destro condannato a 3 anni e 7 mesi, ndr) che Bonsignore è andato da D’Alema ( "una roba veramente demenziale") per risparmiare uno 0,20 dell’investimento e dice di sé che è veramente esasperato".

Massimo D’Alema: "A latere su un tavolo politico dice a Consorte - ti volevo informare che io ho regolato la parte mia e lui ha detto che resta". Consorte: "Gli ho detto: Se lei vuole uscire, noi onoreremo gli impegni subito, come facciamo con gli altri. Se lei rimane ci fa piacere". Massimo D’Alema: "Gianni, andiamo al...al sodo. Se vi serve resta Gianni". E poi D’Alema raccomanda: Noi non ci siamo parlati. E Giovanni Consorte lo rassicura. Peraltro, nella telefonata del 14.7.2005 delle 17,35 , Consorte dirà a Sacchetti che Bonsignore è andato da D’Alema ( "una roba veramente demenziale") per risparmiare uno 0,20 dell’investimento.

L’europarlamentare del Pdl Vito Bonsignore, condannato a 3 anni e 6 mesi nel processo per la tentata scalata alla Bnl, ha avuto "un ruolo attivo e di grande rilievo" in tutta "la vicenda", da punto di riferimento "per l’acquisto del pacchetto argentino, a partecipe dell’accordo (...

) a parte attenta ed esigente nella vendita delle proprie azioni", scrivono i giudici.

Carlo Cimbri, attuale amministratore delegato del gruppo e condannato 3 anni e 7 mesi, ha avuto "lo stesso grado e misura di coinvolgimento di Consorte e Sacchetti", sottolineano infine le toghe.

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