La terza fase del terrore: giovani senza una regia, basta l'odio anti Occidente

La guerra a Gaza è di ispirazione. Le prove di fanatismo? Nei nostri Atenei

La terza fase del terrore: giovani senza una regia, basta l'odio anti Occidente
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L’illusione è finita. Per quanto i media e il nostro inconscio l’abbiano prematuramente archiviata la guerra al terrorismo non è mai terminata. E, tantomeno, è stata vinta.

Abbiamo in parte sconfitto Al Qaida e lo Stato Islamico, ma il nemico vero - ovvero il jihadismo globale - è ancora in ottima forma. L’attentato alla sinagoga francese di La Grande-Motte preceduto - poche ore prima dalla strage a colpi di coltello messa a segno da un sospetto islamista con la complicità di un quindicenne nella città tedesca di Solingen sono lì a dimostrarlo.

I due episodi e la giovane età di uno dei sospettati seguono la rotta disegnata in questi anni dall’evoluzione del terrore jihadista. Nella prima fase, coordinata da Al Qaida, il terrore era in mano a un’organizzazione piramidale che operava dalle basi in Afghanistan e muoveva con accurata precisione le cellule infiltrate all’interno delle nostre città. Poi arrivò l’Isis capace di ispirare e forgiare, grazie ad una potente e innovativa propaganda «on line» i cosiddetti «lupi solitari» ovvero dei militanti in grado di scegliere e colpire in totale autonomia i propri bersagli. Ora siamo alla terza fase. Una fase in cui Al Qaida e Isis si preoccupano esclusivamente di controllare i propri territori in Afghanistan, Iraq, Siria e nel Sahel e lasciano alla libera ispirazione dei jihadisti europei l’attività terroristica nel Vecchio Continente.

L’assenza di una regia esterna non risparmia attentati ed orrori. Basta ricordare il professore decapitato nel 2020 in una scuola francese e quello pugnalato in circostanze simili lo scorso anno sempre in Francia. O - per quanto riguarda la Germania l’uccisione a Mannehim, lo scorso 31 maggio, di un poliziotto intervenuto per difendere l’attivista anti-islamico Michael Stürzenberger assalito da un afghano armato di coltello.

In questa terza fase il ruolo di una regia esterna è reso ancor più superfluo dalla drammatica influenza di avvenimenti capaci di ispirare le azioni dei nuovi «lupi solitari». Dallo scorso 7 ottobre gli eventi di Gaza e gli scontri alla frontiera libanese-israeliana rappresentano la più potente e influente fonte d’ispirazione per i seguaci del radicalismo islamista. Nei giovani - educati al «jihad» e alla contrapposizione con le regole dell’Europa in cui vivono - quelle vicende suscitano non solo l’odio per Israele, ma anche per un Occidente considerato suo alleato.

Per capire quanto potente sia la pulsione innescata dagli eventi mediorientali basta, del resto, valutare il quoziente di fanatismo che l’infatuazione filo Hamas riesce a trasmettere a tanti giovani studenti delle nostre università.

Un’infatuazione che quando contagia le giovani leve jihadiste, mosse non solo dalla leva politica ma anche da quella religiosa, diventa inevitabilmente propensione alla violenza e all’odio. Non a caso le telecamere a circuito chiuso piazzate davanti alla sinagoga di La Grand Motte avrebbero ripreso poco prima dell’esplosione un individuo con una bandiera palestinese. Ma gli eventi di Solingen e di La Grand Motte fanno anche capire come l’illusoria e fallimentare integrazione di centinaia di migliaia di islamici nelle nostre società rappresenti il «vulnus» capace di rendere permanente la minaccia terroristica.

La città di Solingen è, con Dusseldorf e Colonia, uno dei capisaldi della Ruhr, il cuore industriale della Germania dove si sono insediati molti dei migranti arrivati dopo quel fatico 2015 in cui la cancelliera Angela Merkel aprì le porte ad un milione di irregolari.

Ma tra il milione arrivato nel 2015 e quelli aggiuntisi negli anni successivi vi era una fisiologica presenza di elementi radicalizzati. E così oggi le zone di Solingen e della Ruhr in cui molti di quei migranti hanno trovato sistemazione e lavoro sono le più monitorate dall’intelligence tedesca. E le più a rischio per la minaccia di attentati.

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