In effetti è un momento da fissare nella memoria. In futuro sarà difficile rivivere la stessa attesa (e le stesse polemiche) per l'uscita del brano inedito di un gruppo scioltosi oltre mezzo secolo prima. Perciò l'annuncio dell'arrivo di Now and then dei Beatles è immediatamente diventato un ideale trend topic in tutto l'Occidente. Una canzone di John, Paul, George e Ringo. Anzi, «l'ultima canzone».
Uscirà in tutto il mondo con sincronizzazione da Nasa alle 15 di giovedì 2 novembre e potrebbe essere davvero il canto del cigno di una produzione musicale che ha cambiato non soltanto la musica ma pure il costume del Novecento.
I Beatles oggi vivono nella memoria di chi c'era e di chi è cresciuto con i Fab Four sullo stereo, quindi i cosiddetti boomer ma pure i loro figli. Anche i nipoti li ascoltano, magari senza saperlo, magari indirettamente, perché tanti nuovi eroi del pop hanno respirato e sono stati influenzati da quei suoni e da quella attitudine. Insomma, oggi Paul ha 81 anni e Ringo 83, John e Paul non ci sono più eppure l'uscita di Now and then è un evento. Sarà inclusa, quasi a suggello definitivo, nella doppia raccolta «blu» che si intitola The Beatles 1967-1970 ripubblicata insieme con la «rossa» (che raccoglie le canzoni pubblicate dal 1962 al 1966). Anche la storia della canzone è molto beatlesiana. Tutto nasce da una demo registrata al pianoforte da John Lennon alla fine degli anni Settanta proprio in quel Dakota Building di New York dove sarà ucciso l'8 dicembre 1980.
Nel 1994 Joko Ono la manda ai tre Beatles superstiti insieme con le tracce di Free as a bird e Real love. Queste ultime saranno pubblicate poco tempo dopo nel progetto Anthology, con prevedibile e gigantesca eco in tutto il mondo. Now and then no. Troppo «sporca» la registrazione, troppo difficile trasformare quell'abbozzo in una canzone completa. Problema principale: la voce di John era troppo «attaccata» al suono del piano. Dopo averci lavorato un po', George Harrison decise che non fosse possibile andare avanti. Fu persino completato un primo mix, ma niente, tutto fu accantonato nella speranza che un giorno, prima o poi, la tecnologia rendesse possibile il miracolo.
Sono trascorsi circa 28 anni. «Ed eccola lì, la voce di John, chiara e limpida» ha dichiarato ieri McCartney, che a giugno è stato il primo ad avvisare tutti che, sì, il brano sarebbe uscito entro la fine dell'anno. Un minuto dopo scoppiò la polemica sull'uso dell'intelligenza artificiale. Che scandalo, no per carità, non si può usare un algoritmo per ricostruire la voce di Lennon. In realtà l'A.I. è stata utilizzata, a quanto dicono, soltanto per ripulire bene i suoni molto sporchi e rudimentali del primo provino. E così ora in Now and then si possono ascoltare le voci di Lennon e McCartney, che suona anche il basso, il piano e la chitarra (si dice con delizioso mini assolo slide), la chitarra elettrica e acustica registrate da Harrison nel 1995, la nuova batteria di Ringo, che canta anche il ritornello.
In più c'è quello che il comunicato ufficiale definisce «un ultimo, meraviglioso tocco»: i cosiddetti «backing vocals» provenienti dalle registrazioni originali di Here, there and everywhere, Eleonor Rigby e Because. Insomma, un lavoro gigantesco di postproduzione che ha coinvolto, in misura diversa, Giles Martin, figlio del leggendario George, il regista Peter Jackson, il montatore dei dialoghi del suo documentario Get Back, ossia Emile de la Rey, Paul e Ben Foster. Ma più di tutto conta l'effetto e il riverbero di questo annuncio. Ringo Starr ha detto che è stato «come se John fosse lì, capite. È fantastico». «Se Paul fosse qui oggi si sarebbe unito a Paul e Ringo mettendoci tutto il cuore per completare la registrazione» ha confermato la vedova Olivia.
E Sean Ono Lennon chiude tutto con un toccante «è l'ultima canzone che mio papà, Paul, George e Ringo hanno avuto modo di fare insieme». Non a caso, il doppio Lato A del singolo comprende anche Love me do, il singolo d'esordio dei Beatles. Insomma, il primo brano e l'ultimo. L'inizio e la fine. Una lacrima, prego.
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