Antonio Signorini
da Roma
Il decreto del governo che rilancia la previdenza integrativa assegnando ai fondi pensione le quote del Tfr potrebbe cambiare radicalmente. Ad annunciarlo nel corso del primo incontro con le parti sociali sulla riforma previdenziale è stato il ministro del Welfare Roberto Maroni, cioè lautore del testo varato da Palazzo Chigi. «Non è blindato», ha assicurato ai sindacati e alle associazioni datoriali entrambi soddisfatti per la disponibilità del governo, ma fermi sulle rispettive richieste che saranno formalizzate il 27 luglio in un nuovo incontro.
Le organizzazioni dei lavoratori chiedono soprattutto che non siano parificati i vantaggi per i fondi pensione negoziali con quelli per i fondi aperti e le polizze individuali. Ma il governo sembra intenzionato a «salvaguardare il diritto di scelta dei lavoratori» e quindi a non discriminare i fondi privati rispetto a quelli delle categorie, gestiti da sindacati e datori.
La partita più importante rimane comunque quella delle compensazioni alle imprese: la riforma priva le aziende delle quote del Tfr dei lavoratori. Confindustria ha chiesto che la riforma sia a costo zero per le imprese, cioè che preveda una compensazione sottoforma di un credito pari alle quote di Trattamento di fine rapporto perse concesso automaticamente dalle banche. Maroni ha rassicurato viale dellAstronomia dicendo di capire le preoccupazioni del presidente Luca Cordero di Montezemolo: «Questa riforma parte se cè il consenso delle parti sociali e se non ci sono costi aggiuntivi per le imprese».
Ma uno stop allipotesi più probabile è arrivata direttamente dalle banche. Il presidente dellAbi Maurizio Sella ha detto che è possibile trovare una compensazione per lo smobilizzo del Tfr, ma ha escluso che questo possa avvenire attraverso un «automatismo nellerogazione del credito». Questo perché «non si può sottrarre al banchiere il suo mestiere, che è quello di decidere a chi concedere il credito.
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