Togliamo il bavaglio ai cavalli

Fra dieci giorni iniziano le corse dei cavalli per il 2007, ma, purtroppo, non abbiamo nessun «calendario» per conoscerne le date. E gli ippodromi debbono pur approntare tutte le incombenze necessarie alla preparazione dei programmi, alle iscrizioni dei partecipanti alle gare e alla dotazione dei premi per singola gara. È stato di recente nominato Commissario dell'Unire il conte Guido Melzi d'Eril, ma non si sa con precisione quali compiti egli abbia. Stando ai regolamenti vigenti, la redazione del calendario spetterebbe però al direttore generale Franco Panzironi, la cui posizione sarebbe comunque traballante. Ricordiamo che Melzi d'Eril, del quale abbiamo appreso con piacere la recente nomina, in un recente passato, con una decisionalità sorprendente in un personaggio normalmente cauto, ha liquidato l'ippodromo di galoppo di Torino, in passivo, cedendolo alla Juventus. Se Guido Melzi taglia i rami secchi - come ha fatto per il galoppo di Torino - riducendo le ingenti spese per le Società di corse, pensiamo sia l'elemento più idoneo a redigere o controllare un calendario che rafforzi le realtà redditizie e riduca l'attività di quelle passive. E tra le passive ci sono, purtroppo, alcune delle maggiori Società di corse, che godono tuttavia di una ultra elevata remunerazione. Se si tiene conto, ad esempio, del solo servizio di ripresa e trasmissione del segnale televisivo, il quale viene retribuito dall'Unire - secondo una recentissima delibera - fino alla cifra massima di euro 4.500 per giornata di corse, è facilmente intuibile che nessun gestore accetti riduzioni di giornate, e tenda anzi a cercarne di nuove.
Per una migliore comprensione del problema, si mette in rilievo che l'Unire corrisponde percentuali diverse sui proventi delle scommesse: l'1,50% del riversamento delle scommesse effettuate sull'ippodromo in tutte le agenzie ippiche italiane, relativamente alle corse cosiddette «ordinarie», e lo 0,70% - meno della metà - sullo stesso movimento, alle corse cosiddette «differenziate». Queste ultime sono inoltre impoverite dal fatto di poter effettuare solo sei corse per giornata (a fronte delle otto o nove corse nelle «ordinarie») e di non poter effettuare corse «notturne», dove le Società ricavano buoni proventi dalla ristorazione. Nella distribuzione delle giornate di corse, dunque, anche all'osservatore più frettoloso del calendario appare evidente che ci siano fortissime disparità di trattamento: alcuni ottengono moltissimo, anche quando rendono poco o sono addirittura passivi; altri, che sono fortemente attivi, rimangono in carenza di corse «ordinarie», non ottenendo nemmeno il sufficiente per sopravvivere. L'Ente, che non ha scopi assistenziali o di beneficenza, è dotato di un perfetto ufficio statistiche, il quale rappresenta al millesimo la produttività o improduttività di ogni singolo ippodromo. Basta controllare le cifre. Di fatto, questi squilibri derivano, tra le tante variabili, anche dall'esistenza di due corporazioni potentissime di Società di corse: la Federippodromi (diretta per lungo tempo dallo stesso conte Melzi) ed Ippodromi & Città. Queste, che incorporano quasi tutti le maggiori Società di corse, rappresentano gli unici soggetti autorizzati al dialogo con l'Ente.

Gli ippodromi minori, invece, pur essendo spesso i più redditizi, non arrivano al numero di dieci e dunque - come da una norma ad hoc recentemente emanata dall'Unire proprio sul numero minimo di soggetti costituenti associazioni ippiche - non possono istituire una associazione riconosciuta, e si trovano quindi nell'impossibilità di sedere al tavolo delle trattative. Così, come già da tempo molti pensano siano stati «imbavagliati» i cavalli, oggi si tappa la bocca agli operatori degli ippodromi minori, piuttosto aggressivi e culturalmente ben preparati.

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