Un Toni d’assalto sveglia l’Italia dallo choc mondiale

La nazionale fatica contro l’Ucraina ma, alla fine, vince trascinata dall’attaccante viola che prima si procura il rigore trasformato da Oddo e, dopo dieci minuti, raddoppia

Franco Ordine

da Roma

Venti minuti da ricordare dopo sessanta di sofferenza pura. Così l’Italia di Donadoni, nel giorno in cui la Francia cade ai piedi della Scozia leader del girone (9 punti dopo 3 sfide), si avvicina alle spalle dei rivali più scomodi e comincia l’inseguimento alla qualificazione. Che deve passare, necessariamente, attraverso un’altra vittoria fra quattro giorni a Tbilisi. Sugli scudi Toni, il bomber (rigore procurato e gol del 2 a 0) e il portierone, Buffon. Come sui campi di periferia basta avere due fuoriclasse in quegli snodi dello schieramento per vincere e dimenticare gli affanni e le ombre precedenti. L’Ucraina è un avversario tosto, con o senza Sheva.
Le condizioni favorevoli per sgabbiare decisi dai blocchi di partenza e imprimere una svolta azzurra alla sfida ci sono tutte. Il clima idilliaco dell’Olimpico vestito a festa, colmo di tricolori e di sano entusiasmo, per cominciare, seguito dall’assenza di Shevchenko tra le legioni gialle dell’Ucraina, la migliore condizione fisica del calcio italiano rispetto a un mese fa, a Parigi per intendersi. Tre su tre. Eppure le condizioni migliori non bastano all’Italia di Donadoni per guadagnarsi il credito e l’affetto che gli arrivano dal popolo dei tifosi. La fattura del gioco è scadente, come quella di un sarto apprendista: sono in pochi, e in modo istintivo, a ricucire le trame o a lanciare (provvede alla bisogna Materazzi) un attacco a tre punte che non riesce a mettere al muro il rivale che si difende in modo tradizionale e ammucchiando qualche uomo in più a centrocampo. Iaquinta, sostituto di Camoranesi (trauma al collo ma è in panchina) sulla corsia di destra non funziona e Toni, da boa centrale, accerchiato da un paio di sodali con cui deve dialogare, non ha sbocchi e neanche fornisce prove di dialoghi interessanti. Così la conseguenza è una sola ed è molto avvilente: per assistere al primo tiro in porta bisogna attendere con pazienza la mezz’ora di gioco (cross di Oddo girata di testa di Toni), per segnalare la prima stoccata (di Toni da rinvio maldestro ucraino) bisogna marcare il minuto numero 36. Nel frattempo l’Ucraina, capace anche di randellare con qualche durezza di troppo sulle caviglie azzurre, col palleggio e col fraseggio manda in corto circuito il calcio lento e prevedibile dei campioni costretti a ricorrere al lancio di Materazzi per scavalcare la foresta amazzonica del centrocampo. E quando si apre qualche varco prende la mira come si deve: in apertura Buffon deve chiudere coi pugni sulla sventola di Gusiev, un vecchio ed efficace assaltatore nei quarti di finale ad Amburgo.
Nella ripresa il copione è lo stesso con qualche vistoso miglioramento dell’Ucraina che s’avvicina in modo minaccioso dalle parti di Buffon. Il portierone mondiale, numero uno nel suo ruolo, deve apparecchiare una sequenza di interventi e di prodigi che tengono al sicuro il risultato e coprono qualche magagna difensiva scoperta. Una, due, tre volte Buffon respinge l’assalto di Thymoschuk e di Kalinichenko: nel momento decisivo lui regge e l’Italia può approdare al successo. Perché a furia di martellare dalle corsie laterali Oddo indovina la traiettoria giusta che esalta il fiuto di Toni: sul centravanti Rusol commette un fallo vistoso che Vassaras trasforma in rigore. Dal dischetto, il nuovo specialista, Massimo Oddo, cuore laziale, scuola milanista, si comporta come un veterano ed è invece solo al primo gol in nazionale. Da quel momento, effetto anche dei cambi giusti al momento giusto (Di Natale al posto di Del Piero per esempio e poi Camoranesi per Iaquinta), l’Italia di Donadoni guadagna valichi e possibilità di infliggere all’avversario un castigo persino eccessivo nelle dimensioni. Il lancio di Di Natale è un gioiellino di precisione e di intuito: Toni, di sinistro, lo trasforma in un petardo, in un fuoco d’artificio che rende ancora più allegra la serata. Perché arriva il primo successo targato Donadoni.

La conclusione è in un quadretto familiare sfuggito alle tv e tutto da raccontare: Oddo e Materazzi vanno in tribuna d’onore a prendere i figli, vestiti di azzurro, e li portano in campo e negli spogliatoi a godersi la soddisfazione.

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