Torna "La bambola assassina" in un remake riuscito

Un horror pieno di citazioni e di autoironia, che reinventa la storia originale attualizzandola con intelligente inventiva e che intriga ammonendo sui pericoli delle nuove tecnologie.

 Torna "La bambola assassina" in un remake riuscito

Trentun anni dopo l'uscita del primo film dal titolo "La Bambola Assassina", arriva nei cinema la sua versione aggiornata in chiave contemporanea. In mezzo, ci sono stati diversi altri lungometraggi derivativi e assai meno ispirati.

L'odierno reboot della saga, firmato dal regista Lars Klevberg, in realtà è stato disconosciuto da Mancini, ossia da chi nel 1989 ideò Chucky, il pupazzo psicopatico della storia originale, eppure funziona benissimo come intrattenimento destinato ai Millennials.

Il film si apre nella fabbrica asiatica di una multinazionale, dove uno dei tanti operai senza diritti decide di vendicarsi delle vessazioni subite manomettendo uno dei giocattoli in produzione. E' così che un esemplare difettoso di Buddi, bambola supertecnologica in grado di collegarsi a molti device domestici e non, finisce a casa di Karen (Aubrey Plaza), mamma single, come regalo di compleanno per suo figlio Andy (Gabriel Bateman).

Il giocattolo, programmato per essere il miglior amico del suo proprietario, non tollererà di avere concorrenti e il fatto che i suoi sistemi di sicurezza siano stati sabotati genererà conseguenze terribili.

"La bambola assassina" è l'interessante rilettura di un materiale di partenza del quale si abbandonano le sfumature soprannaturali. Non più posseduta dall'anima di un serial killer come nel primo film, la bambola terrorizza mettendo in scena rischi plausibili in un mondo non così diverso dal nostro, perché se è vero che le auto a guida autonoma non sono ancora state commercializzate, la presenza di droni e di dispositivi elettronici comunicanti tra loro fa già parte del quotidiano.

La vicenda conserva la stessa autoironia che aveva caratterizzato gli altri film, la suspense è sempre mischiata a humour nero e il tono volutamente sopra le righe, in modo che nel complesso si tratta di un horror scanzonato. Per quanto sia presente spesso un'assurdità compiaciuta e appaia grottesca già la premessa che tutti vogliano accaparrarsi bambole dalle sembianze inquietanti, il film conserva una sotterranea e disturbante credibilità.

Laddove la pellicola d'esordio del 1989 prendeva di mira il consumismo, in quella attuale troviamo una riflessione sulla tecnologia domotica e sull'intelligenza artificiale, protagoniste di cambiamenti tanto rapidi che il sospetto di non valutarne appieno gli aspetti negativi appare legittimo.

Smaccati e divertiti i richiami a giganti dell’e-commerce e a realtà societarie dei nostri giorni, ma anche a pellicole come "Toy Story", qui parodiata in salsa demoniaca.

Nel gradimento della narrazione, l'effetto nostalgia gioca la sua parte, un po' grazie a continue citazioni degli anni '80 e '90, un po' perché la bambola protagonista ha fattezze molto simili a quelle del Chucky pel di carota e coltello in mano, divenuto cult.

A differenza che nell'opera originaria, qui è possibile provare, almeno all'inizio, una qualche empatia nei confronti della bambola perché, prima che si abbandoni al delirio omicida, presenta una profondità psicologica e una sorta di coscienza dotata di buone intenzioni.

Alcune situazioni hanno un esito prevedibile e certi personaggi una totale aderenza ai cliché di genere, ma gli amanti del cinema gore, splatter e della violenza tanto gratuita quanto ridicola, saranno soddisfatti e in parte, per l'ambientazione in un presente distopico, anche quelli della serie tv "Black Mirror".

La banda di amici del protagonista, invece, in base all'età dello spettatore, suggerirà contaminazioni con "I Goonies" o con la serie tv "Stranger Things".

Insomma, "La bambola assassina" saprà intrattenere sia i fan della vecchia saga che i tanti adolescenti all'oscuro della sua esistenza.

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