Torna in carica il primario silurato dalla Turco

da Roma

A convincere il ministro della Salute Livia Turco non erano bastati né un curriculum di tutto rispetto, né le dure proteste di parlamentari e comunità scientifica internazionale. Rigorosamente bipartisan. Infatti, a restituire all’oncologo Francesco Cognetti il titolo di direttore generale dell’Istituto romano Regina Elena, dopo mesi di polemiche durissime, ci ha dovuto pensare il Consiglio di Stato che ieri ha accolto il ricorso dell’oncologo.
Un’ordinanza che rimetterà al proprio posto Cognetti dopo che la Turco lo aveva improvvisamente rimosso a favore dell’epidemiologa Paola Muti. Con l’accoglimento del ricorso in appello, i giudici di Palazzo Spada hanno sospeso la revoca e, di fatto, hanno annullato il provvedimento di nomina del nuovo direttore scelto direttamente dal ministro della Sanità.
Ma al di là degli aspetti giuridici, il caso Cognetti ha un sapore particolare perché per quasi tutta l’estate era stato classificato - con toni più o meno pesanti - come l’applicazione dello spoil system alla Sanità. La Turco aveva sempre difeso la propria scelta. Si era detta «svincolata da logiche politiche», spiegando che la decisione era stata dettata «soltanto da criteri di competenza e professionalità». L’accusa, invece batteva su «una vergognosa applicazione della logica di spartizione delle poltrone». Per di più, «nella sanità pubblica». Ieri a situazione ribaltata dall’ordinanza, il ministro ha commentato così. «Rispetto, come sempre, le decisioni della magistratura - sottolinea attraverso un breve comunicato - e per questo motivo non ritengo di poter dire niente sul provvedimento prima di conoscerne le motivazioni». Se il ministro rifiuta di commentare, l’ex titolare della Salute, Francesco Storace, lo attacca pesantemente per l’ennesima volta. «Il caso Cognetti è chiuso - sottolinea il senatore di Alleanza nazionale - ma si apre quello Turco. Dopo la figuraccia di fronte al Paese e al Consiglio di Stato, il ministro si deve dimettere».
A esprimere uno dei primi giudizi tecnici sulla decisione del Consiglio di Stato è Pier Paolo Pandolfi, coordinatore del Comitato scientifico internazionale esterno del Regina Elena. «Spero che alla luce di questa sentenza la situazione venga rivalutata anche dal governo che ha così tanto a cuore l'interesse della sanità e della ricerca in Italia». Pandolfi auspica anche che «le parti in causa si siedano intorno a un tavolo per trovare una soluzione che dia forza e non affossi ciò che era stato avviato da Cognetti per il bene dell’Istituto Tumori e della stessa città di Roma, bisognosa di un centro di cura e di ricerca di alto profilo internazionale. Spero - conclude l’oncologo - che questa divenga un’occasione costruttiva e di dialogo. E non di scontro per dare continuità ai programmi avviati da Cognetti».
E pensare che soltanto cinque giorni fa, su proposta della stessa Livia Turco, il Consiglio dei ministri aveva approvato la nuova norma sui criteri delle nomine dei direttori scientifici degli istituti di cura. La novità è che tali nomine resteranno di competenza del ministro, ma avverranno sulla base di una terna di candidati selezionata da una commissione cui spetterà la valutazione di merito dei titoli e dei curricula dei candidati. Con tanto di avviso pubblico sulla Gazzetta Ufficiale.

«Questa è la migliore prova - aveva commentato Cognetti - che la scelta del ministro (la sua rimozione dell’incarico, ndr) non era soddisfacente nemmeno per lei». Ieri, dopo la lettura della sentenza, l’umore dell’oncologo era decisamente diverso. «Sono contento e mi rimetterò immediatamente al lavoro. Ad ogni modo spero di incontrare al più presto la Turco».

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