Torna la Champions league L’Inter proverà a sbancarla

Franco Ordine

C’è un’altra coppa che ci aspetta. È la coppa dalle grandi orecchie, per intendersi la coppa dei Campioni. Manca nell’agenda del calcio italiano da tre edizioni: ultimo vincitore domestico il Milan a Manchester, ultima impresa sfiorata, sempre dal Milan, a Istanbul. La prossima edizione, con finale programmata ad Atene il 23 maggio, rischia di aumentare il digiuno. E non solo per questioni squisitamente tecniche. Alle viste stenti e difficoltà dei club italiani rispetto alla concorrenza, spagnola e inglese, che pagano meglio (i calciatori) e risparmiano di più (tasse) e perciò sono decisamente competitive. Coi diritti tv collettivi minacciati dalla politica, si spalma qualche milione in più alle società di medio calibro (Palermo, Chievo, magari Samp) ma si sottraggono risorse alle metropolitane che devono reggere ritmi infernali nei confronti della concorrenza continentale. È un argomento che dovrebbe stare a cuore non solo a Matarrese, anche al commissario Guido Rossi.
Non c’è la Juve, non è la prima volta d’accordo ma questa assenza (per motivi disciplinari) pesa comunque perché il quarto concorrente italiano (Chievo) è già fuori dai giochi. L’aristocrazia della Champions è quella di sempre. Puntate tutto o quasi sul Barcellona che ha voglia di ripetersi dopo aver rafforzato la difesa col trapianto juventino (Thuram più Zambrotta). Ronaldinho, come tutti i brasiliani delusi dal mondiale, vuole riprendere a strabiliare: è quello il palcoscenico degno delle sue imprese. Insieme con Rijkaard ci sono le quattro inglesi e tra queste chi alimenta sogni di gloria è il Chelsea: per la terza volta finisce nel girone dei catalani e il duello sta diventando una sorta di derby d’Europa. Persino stucchevole, bisognerebbe pretendere maggiore fantasia dall’urna di Montecarlo.
Per le italiane c’è da temere l’effetto Nazionale. Al pari dell’Italia di Donadoni, in ritardo di condizione e castigata a dovere dalla Francia, anche i club possono scontare il deficit di condizione fisica. In particolare il rischio coinvolge Roma e Milan scoperte in affanno, nonostante il successo, dalla partenza del torneo domestico. Spalletti deve fare i conti con gli ucraini dello Shaktar, Ancelotti con i greci dell’Aek: sarebbe un grave errore d’ingenuità pensare di riuscire a mascherare i tormenti come contro Livorno e Lazio, cioè con qualche numero dei suoi ispirati giocatori e basta. Per fortuna entrambe sgabbiano da Olimpico e San Siro che sono un comodo trampolino di lancio.
È diverso, molto diverso per l’Inter di Mancini. E non solo perché, con i fuochi d’artificio di Firenze ha mostrato di essere rodata alla stagione. Ha svolto una preparazione più lineare, di stampo classico, ha aggiunto potenza, classe e centimetri al suo gruppo e può godere di una rosa sontuosa. I suoi ricambi sono tutti di grande qualità. Basti pensare ai tre ritocchi preparati da Mancini per Lisbona dopo Firenze. Il primo è reso indispensabile dall’infortunio toccato a Cambiasso (polpaccio sinistro), l’autore dei due sigilli dell’ouverture, il secondo è il pegno da pagare al turn-over e ai buoni rapporti dello spogliatoio (Adriano titolare e Crespo in panchina), il terzo riguarda lo stato di salute di Materazzi e la voglia di non rischiare recuperi frettolosi.

Stankovic, Adriano e Samuel sono i tre candidati a rinfrescare l’Inter di Champions league: fino a qualche mese prima erano tre titolari intoccabili. Sono diventati dei comprimari. È un altro segno della strapotenza dell’armata morattiana anche sul fronte della Champions league.

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