Torna Veltroni. Per far fuori D’Alema

L’ex leader convoca il partito a due anni dal Lingotto per contrastare la leadership dell’eterno rivale Franceschini ci ripensa e si candida al congresso, ma sulla sua elezione pesa il duello fra i due big

L’idea che la scena politica venga quotidianamente occupata da D’Alema, che si torni a parlare di «inciuci», deve essere sembrata intollerabile a Walter Veltroni che ieri ha preso carta e penna e ha annunciato un convegno tutto suo per il prossimo 2 luglio dal titolo assordante «Indietro non si torna». Il War Game del Pd è appena ricominciato. Gli eserciti sono sparpagliati, alcuni drappelli si sono dispersi, ma i generali sono sempre gli stessi appollaiati su cavalli sfiniti. Stretto fra i due azionisti di maggioranza, o delle due più importanti minoranze piddine, Franceschini fa sapere di aver sciolto la riserva e che è pronto, dopo i ballottaggi, a ricandidarsi. Ci ha ripensato. Chissà quante altre volte capiterà.

È uno «stop and go» che fa parte di una precisa strategia congressuale. Rinuncio, vedo che succede, mi ricandido. Attorno a lui il caos è completo. La componente Ds è in piena fibrillazione, gli ex margheritini sono divisi fra gli ex popolari che cercano l’accordo con D’Alema e la componente rutelliana che potrebbe rompere con il partito sul super-gruppo europeo con i socialdemocratici, infine i veltroniani divisi fra chi cerca un candidato «giovane» e chi, a certe condizioni, potrebbe convergere su Franceschini.
Quante possibilità ha il segretario uscente, che aveva promesso di non ricandidarsi, di restare al suo posto? La scena è piena di protagonisti ma sarà dominata dal ripetersi del grande duello fra Veltroni e D’Alema. Anche le strategie cominciano a diversificarsi. C’è chi pensa di ripartire dal Lingotto (Veltroni e i «giovani»), chi punta al partito unico della sinistra che metta insieme tutta l’opposizione e c’è chi, D’Alema in primis, pensa a un segretario che abbia in testa il governo di solidarietà nazionale.

In questo momento Franceschini è fuori da questi scenari e questa potrebbe essere la sua forza. Si sono già schierati con lui quasi tutti gli ex popolari. Persino Rosy Bindi ha rinunciato a correre da sola. Dai vecchi Ds è venuto un sostegno esplicito solo da Piero Fassino che spera di diventare presidente del partito. Tre sono tuttavia le incognite alla sua riconferma. La prima si chiama D’Alema. L’ex premier, probabilmente controvoglia, ha dichiarato di appoggiare Bersani. È difficile che possa rimangiarsi la parola data. Ma sa che ci sono prezzi da pagare. D’Alema non esclude, in «extrema ratio», di candidarsi in prima persona ma non vuole diventare l’obiettivo di una campagna «nuovista» che indichi in lui l’uomo da battere. Franceschini può aspirare ad un appoggio di D’Alema solo in caso Franco Marini riuscisse a stipulare un compromesso con il presidente della Fondazione Italianieuropei. Ma senza Veltroni. Se c’è Veltroni, «no party».

La seconda incognita ha proprio il nome di Veltroni (e di Prodi). Veltroni morde il freno. Le sue dimissioni sono state troppo improvvise per non pensare ad una scelta fatta in uno stato di necessità. È stata un’uscita di scena paragonabile a quella di Di Pietro dalla magistratura. Ne sappiamo poco. Il predecessore di Franceschini pensa che all’origine della sua «defaillance» vi sia stato l’enorme lavorìo di D’Alema e non accetterà mai sia un partito diretto da un uomo di D’Alema (Bersani), sia guidato dallo stesso ex premier, sia consegnato alla coppia Franceschini-D’Alema. Il 2 luglio conosceremo le sue condizioni per sostenere Franceschini. L'attuale segretario potrà portare a casa il sostegno dei fans di Veltroni solo se si presenterà come l’ultimo baluardo che impedisca a D’Alema di conquistare il partito e che scongiuri quel governo di unità nazionale che viene raffigurato come il massimo degli inciuci.

La terza incognita si chiama primarie. Nessuno oggi può scommettere sullo stato d’animo del popolo delle primarie. Qualunque sorpresa è possibile. Per questo nell’entourage di Franceschini hanno sognato il ticket con Debora Serracchiani nella speranza di esorcizzare il voto di protesta che può essere canalizzato da un credibile candidato anti-nomenklatura. Il gruppo dei quarantenni forse non sarà in grado di esprimere un leader vincente ma può influire sul clima in cui si svolgeranno le primarie.
Le tre incognite che gravano sulla campagna congressuale possono essere paradossalmente tre punti di forza della campagna pro-Franceschini. Ma non sarà lui a scegliere il gioco. La partita in parte si svolgerà nell’ennesimo duello Veltroni-D’Alema. Tutti e due sceglieranno questo ultimo campo di battaglia per misurare la propria forza. Ciascuno dei due si presenta acciaccato e pieno di ferite ma è in grado di bloccare l’ascesa dell’eterno nemico.

Franceschini più degli altri candidati sta in mezzo, non sa che cosa scegliere e spera di non dover scegliere. Ma l’intero Pd è una pentola di fagioli in piena ebollizione.

Pochi sanno quel che accadrà domani. Il Pd è ormai un partito mediatico, quasi di plastica. Saranno alcuni grandi organi di informazione, soprattutto «la Repubblica» a far pendere la bilancia su un candidato piuttosto che su un altro.

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