«Torno a casa, ho vissuto un incubo»

La buona notizia ha svegliato Milano di buon’ora, alle 5.29: «Libero adesso. A presto». Mentre mostra lo schermo del telefonino con il testo del messaggio, l'addetto alla reception dell'hotel Galles sorride per la prima volta, dopo 36 ore di tensione. «Eravamo molto preoccupati - rivela - per noi lui non è solo un direttore, ma molto di più». «Vulcanico e affettuoso», Arnaldo Sbarretti dirige l'hotel di piazza Lima dal 1986 e proprio per conto dell'albergo si trovava all'Oberoi-Trident di Mumbai, sede di un workshop dell'Enit, l'agenzia nazionale per il turismo, quando mercoledì scorso è scattato l'attacco terroristico.
Ora dice di star bene Sbarretti, ma poi aggiunge con voce scossa: «Ho visto di tutto. Tutto e di più». Vuole tornare a casa al più presto il general manager milanese, per questo «sto preparando insieme al console tutti i documenti per poter salire su un aereo di Stato francese già questa sera (ieri ndr)».
«Mercoledì stava facendo il check out quando è esplosa la prima bomba - racconta il proprietario del Galles Filippo Seccamani - me l'ha raccontato poco dopo, quando ci siamo sentiti per telefono, quando ancora non aveva capito bene la situazione». «Continuano le esplosioni», scriveva. E ancora, «Novità?», chiedeva via sms dall'India, costretto a nascondersi nella sua camera d'hotel, al buio e senza cibo. «In questi giorni ha scritto a me e alla moglie - continua Seccamani - mi ha anche raccontato di aver visto un uomo morire, proprio vicino a lui: uno shock». Il suo incubo è finito ieri mattina, quando è scattato il blitz della polizia indiana che ha portato alla liberazione di tutti e sette gli ostaggi italiani dell'hotel Oberoi-Trident, comprese la moglie del cuoco dell'albergo con la sua bimba di soli sei mesi.
«Abbiamo iniziato intorno alle 5 - spiega il capo dell'Unità di crisi della Farnesina - con una prima persona che è riuscita a uscire, poi la signora con la neonata, gli altri ospiti del Trident e infine i due coniugi dell'Oberoi». Passata la paura, sono stati tutti portati al Consolato generale, quindi «assistiti da un medico che ne ha verificato le condizioni di buona salute». Dopo il messaggio di ieri mattina, Seccamani ha chiamato subito il collega: «Era molto concitato, non siamo riusciti a parlare molto ma mi ha detto che sta bene e questo è l'importante». Intanto sia in famiglia che al lavoro si stanno preparando per dargli il bentornato. «Ho sentito che l'organizzazione di via sta pensando ad una sorpresa molto natalizia da scartare domenica pomeriggio - rivela sorridendo -.

Io invece vorrei festeggiarlo insieme ad altri colleghi lunedì, durante un summit di lavoro che si terrà a Firenze». Questione di ore, il peggio è passato. È scattato il conto alla rovescia: manca davvero poco per poterlo riabbracciare.

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