Torrefazioni, una tazzina piena di tradizione

Chiara Cirillo

Non ci sono dubbi. A Roma in fatto di cibo primeggiano tre passioni: pasta, buon vino e caffè. E anche se in questo periodo dell’anno è il nettare di Bacco sotto i riflettori, tra guide, degustazioni e corsi, per nessun motivo rinunceremmo alla confortante tazzina di caffè. Intramontabile must che non teme cali stagionali, il caffè infatti è un piacere a cui è difficile dire di no. Basti pensare che ogni anno nel mondo ne consumiamo 400 miliardi di tazzine, anche perché ha un valore nutritivo praticamente pari allo zero. Senza esagerare però: la dose ritenuta «sicura» da medici e nutrizionisti è di tre o quattro al giorno (pari a 240-320 mg di caffeina). In dosi maggiori il caffè può nuocere all’organismo e ad un sano riposo.
In materia di chicchi siamo esigenti e determinati: sappiamo cosa vogliamo e lo cerchiamo, a costo di allontanarci dal bar sotto casa. Anche perché a Roma abbiamo la fortuna di poter scegliere tra tantissime (e ben fornite) torrefazioni, luoghi intrisi di profumi e di ricordi, che continuano instancabili a tostare e macinare anche in epoca di spesa massificata. E così a più di un secolo da quel 1901 in cui un ingegnere milanese di nome Luigi Bezzera, stanco della lentezza della sua «napoletana», inventò la prima macchina per l’espresso, le cose in torrefazione non sono cambiate: il caffè è sempre fresco, profumato, appena macinato, certo costa un po’ di più rispetto a quelli del supermercato, ma la differenza c’è eccome. Un consiglio antico, ma tuttora valido è che la pregiata polvere va conservata in un barattolo ben sigillato e possibilmente in frigo anche d’inverno per mantenerne il prezioso «flavour» a lungo.
Il tempio del caffè a Roma è a due passi dal Pantheon, e per la precisione a piazza Sant’Eustachio: il Sant’Eustachio, meta prediletta per gli amanti della cremosa bevanda. Qui, oltre a provare il «gran caffè», caffè doppio con crema, si può acquistare la miscela bar (arabica «in purezza») per la propria moka. Poco distante ecco un altro storico riferimento: la Casa del caffè Tazza d’Oro, che già dal nome lascia intendere l’eccezionalità delle miscele (via degli Orfani 84, tel. 06.6792768), anche se parte della fama di questo luogo risiede nella celebre granita di caffè: uno delizioso strato bruno scuro tra due di panna anche a portar via per soli due euro. Al quartiere Monti c’è un posto dove si recava persino Giovanni Paolo II per portare la miscela in Polonia, tanto che gliene hanno dedicata una, «la miscela del Papa»: si tratta dell’Antico caffè del Brasile, aperto nel 1908 che nonostante la recente ristrutturazione ha mantenuto l’alta qualità dei prodotti (via dei Serpenti, 23).
E spostiamoci in Prati. Qui, al civico 80 di via Fabio Massimo, alla torrefazione Sciascia dal 1922, il caffè lo importano da Africa e Sud America ed è tostato e lavorato come una volta. E poi c’è Mondi al Prenestino, le cui miscele arrivano accuratamente selezionate da tre continenti e mezzo: dal Brasile al Guatemala, dall’Etiopia all’India (via della Serenissima, 12). Altro luogo periferico è la torrefazione Viceré in via Grimaldi 108 in zona Marconi, premiato dalla guida Bar d’Italia del Gambero Rosso con tre chicchi per il caffè davvero a regola d’arte, la cui miscela è possibile acquistare, oltre che naturalmente assaggiare in loco. Molto amato dai fedelissimi è Mister Coffee al Flaminio, i cui prezzi non proprio popolari non frenano i cultori delle cose buone che qui hanno dimora.

Insomma, forse non sarà facile scegliere tra le oltre trenta miscele oggi in commercio, ma ne varrà davvero la pena. E il palato ringrazierà...
Altri indirizzi da appuntare sono in zona Nemorense Giovanni De Sanctis (via Tagliamento 88, 06.8552287); e a due passi dalla stazione Ciamei (via Emanuele Filiberto 57, 06.70495230).

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