Nei giorni che precedevano immediatamente la Pasqua, i negozi di generi alimentari della Roma dellOttocento, soprattutto quelli dei «pizzicagnoli», gareggiavano nellallestimento delle vetrine, cercando di renderle quanto più ricche e ghiotte possibile, con uno sfogo di fantasia espositiva senza limiti. Una tradizione che perdurò a lungo,fin ai primi anni del Novecento, testimoniata da Giggi Zanazzo nelle sue Tradizioni Popolari Romane. A partire dal Sabato Santo la tavola della sala da pranzo era imbandita per ricevere la benedizione del sacerdote che, appena entrato, cominciava a schizzare con laspersorio tutto quello che vedeva. Finalmente arrivava il giorno di Pasqua e laria di casa si arricchiva sempre più dei profumi provenienti dalla cucina. Intorno alla tavola, coperta dalla tovaglia più bella, con sopra piatti e stoviglie splendenti, la famiglia riunita fremeva in attesa del pranzo succulento e ricco di pietanze. Così lo descrive G.G.Belli in un sonetto del 1835: «In sta giornata nun sabbadi a spesa/e nun se pensi a guai un accidente./Brodetto, oca, salame, zuppa ingresa,/carciòfoli, granelli e r rimanente/tutto a la grolia de la Santa Chiesa». Nel menu del pranzo un posto privilegiato occupavano i carciofi cimaroli romaneschi cotti alla romana o alla giudia.
La Pasqua di Risurrezione era indicata anche con una denominazione collegata alla colazione del mattino: «Pasqua delle uova», un modo per distinguerla dallEpifania (Pasqua befania) e dalla Pentecoste (Pasqua rosa). Il primo momento che vedeva tutta la famiglia radunata intorno alla tavola era infatti quello della colazione, che consisteva fino a metà del secolo scorso in una tazza di squaglio di cioccolata, una fetta di pizza ricresciuta, due fette di salame «corallino» e l«uovo tosto» (sodo). Quello che era avanzato dal pranzo pasquale veniva conservato con cura e infagottato lindomani, giorno di Pasquetta, per goderselo allaria aperta nella campagna romana, oppure in una «frasca» dei Castelli.
Le tradizioni culinarie romane collegate alla Pasqua inevitabilmente hanno subito profonde trasformazioni.
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