Milano - Il muso sfigurato, ridotto a poco più di un moncone. Orribile e sinistro. Quel che resta di un tram. Che viene arpionato dalla gru, mentre i tecnici dell’Atm lavorano in tre, appresso a una grande leva per disincagliarlo. E, di fronte, l'autobus. Ripiegato su stesso. Come quelle balene che vanno a spiaggiare. Che poi sarebbe morire. Al capolinea di un viaggio che sembrava un viaggio come tanti altri. Magari noioso, magari persino sereno. Ore 15 e 10. Tragedia a Milano, nel cuore di Milano: Porta Vittoria. Una donna morta e ventisette feriti. Morire per una fatalità, tremendamente viziata dall'incoscienza. Una fatalità partorita, molto probabilmente, come capita spesso, dall'arroganza. Fissiamo quelle immagini e tornano in mente certe copertine della Domenica, le copertine di Walter Molino. Giriamo e rigiriamo lo sguardo, dentro il solito perimetro delimitato dai nastri biancorossi. Che sono oramai quella sorta di inquietanti sottotitoli moderni che significano e segnalano la consuetudine dell'angoscia: allarme, dramma. Morte. Il Tribunale, i negozi, i bar affollati. La gente che camminava a passo svelto. Il traffico e le corsie preferenziali che, come è accaduto anche questa volta, diventano un terreno da espropriare. Il cuore di Milano. Come sempre. In un pomeriggio di straordinaria normalità. Il cuore di Milano, lo stesso di cinque minuti prima. Cinque minuti prima di questo dannato, impensabile, scontro frontale che ora ci troviamo a sezionare con gli occhi. Ci sono i dettagli della morte e del dramma sparsi sull’asfalto: un calzino, una borsetta un giaccone. I segni di riconoscimento di tanti volti anonimi di un viaggio anonimo sul tram numero 12 in un senso di marcia e sull'autobus 60, nel senso opposto. Gli effetti personali degli sfortunati protagonisti di quest’assurda vicenda, che alcuni vigili urbani si preoccupano di raccogliere con delicatezza e di inserire in sacchi scuri. Scontro frontale provocato da un Suv, Porsche Cayenne, che sbuca da via Mentana e si immette in corso di Porta Vittoria, imboccando la corsia dei privilegiati, appunto. Solo che alle sue spalle sta arrivando l'autobus. È un attimo. Anzi forse meno di un attimo. A morire in modo così assurdo schiacciata tra le lamiere che si impennano e si contorcono, la passeggera che sedeva giusto dietro l'autista dell'autobus, Giuliana Grossi, 52 anni, sposata e residente a Milano, originaria di San Benedetto Po, in provincia di Mantova. A seguire il resto del bollettino medico che somiglia tristemente a un bollettino di guerra: una donna alla quale è stata amputata una gamba. Altri due feriti, gli autisti dei due mezzi, uno dei quali sottoposto a una delicatissima operazione alla testa, che sono in codice rosso ovvero con prognosi riservata. «Io l'incidente l'ho visto in diretta, mentre stavo passando davanti al bar Garden - ci racconta Stefano Cannariato -: c’è stato un colpo fortissimo, l'autista dell'autobus ha sterzato per evitare di schiacciare il Suv che ha fatto sicuramente un'infrazione, uscendo da via Manara, e ha costretto l'autobus ad andare a fare il frontale con il tram». Così, mentre scriviamo queste righe, i pubblici ministeri Cecilia Vassena e Roberta Brera, titolare dell'inchiesta sull'incidente hanno appena concluso l’interrogatorio del conducente del Suv. L'uomo, Marco Trabucchi, 38 anni, agente di commercio nato a Venezia ma residente in Svizzera nel Cantone di Friburgo, è indagato per omicidio colposo e lesioni aggravate plurime. Insiste a raccontare che è stata tutta colpa di due passanti che gli hanno attraversato la strada all’improvviso, appena ha svoltato e che l’hanno costretto a sterzare e a cambiare corsia. Peccato che nessun testimone oculare abbia visto quei due pedoni. E che lui abbia persino rischiato di esser linciato dalla gente di Porta Vittoria quando si è fermato, pochi metri dopo l'impatto di strisciata con l'autobus. Il resto è come se fosse chiuso, imprigionato nella memoria dei testimoni e dei passeggeri, per fortuna non moltissimi, data l’ora non propriamente di punta, che viaggiavano sui due mezzi pubblici. Una nuvola che racchiude pianti, urla. Il terrore dei passeggeri che vengono liberati da un gruppetto di giovani che rompono i vetri dei finestrini e cercano di aprire le porte di quei mezzi che, improvvisamente si sono trasformati in trappole. Le sirene che sibilano.
Le ambulanze che già non bastano più tanto che viene allestito un posto di primo soccorso. Le telecamere di sorveglianza del traffico ci diranno la verità dice il vicesindaco De Corato. Già, la verità. Chissà come l’avrebbe disegnata, Walter Molino, la verità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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