È un tram il vero mostro di Firenze

Sgarbi: "Il sindaco scrive alla Moratti per impedirmi di sostenere la battaglia in difesa della bellezza della città". Il critico d’arte contro il progetto della tramvia nel centro storico del capoluogo toscano: "Con la grande tradizione artistica la vera innovazione è la conservazione"

È un tram il vero mostro di Firenze

Dopo la sciagurata, ma non definitiva, decisione del ministero di autorizzare l’orrida pensilina di Isozaki agli Uffizi, e dopo la cementificazione della Fortezza da Basso la città di Firenze sta per essere aggredita da un altro mostro contro il quale non sono state sufficienti le vibrate proteste, egualmente distribuite in ogni parte politica, della marchesa donna Frescobaldi, di Andrea Bocelli, di Alberto Asor Rosa, di Antonio Paolucci, di Francesco Pardi, di varie associazioni ambientaliste, di Italia Nostra oltre che, provvidenzialmente, degli esponenti della Casa delle Libertà: la tramvia in piazza di Santa Maria del Fiore. Ancora una volta non ci si vorrebbe credere, ma ancora una volta il sindaco oscurantista, contro il quale si è alzata severa la voce del priore Timothy Verdon, ha sostenuto la posizione più scellerata contro la sua città.
È veramente triste che Firenze si sia data un sindaco così lontano dalla sensibilità che la più importante città artistica italiana meriterebbe. Ma oggi la sua insolenza ha travalicato le questioni artistiche e monumentali, per violare i principi più elementari della democrazia. E mentre domenica scorsa ha ospitato il sindaco Veltroni, per ottenere da questo invertebrato culturale l’appoggio per i suoi scellerati progetti, ha chiesto in una lettera prima riservata, e poi da lui stesso divulgata attraverso i giornali al sindaco Moratti, soccorso per impedirmi di sostenere la sacrosanta battaglia dei suoi oppositori in difesa della bellezza di Firenze. Ha cercato di fermare l’assessore di Milano per non avere lo storico dell’arte, con la credibilità della sua competenza nella tutela, a confortare la protesta e a promuovere la raccolta delle firme (compiuta) per il referendum contro la tramvia. Per essere arrivato a tanto deve avere paura, deve essere preoccupato della sconfitta, politica oltre che culturale, se la città avrà la forza di reagire. E così scrive alla Moratti: «Trovo sgradevole e imbarazzante che l’amministrazione locale milanese intervenga in modo così pesante in una vicenda che riguarda un’altra città». Non trova invece altrettanto sgradevole e imbarazzante che, per sostenerlo, arrivi a Firenze Veltroni. Ma non è soltanto in questo imbarazzante tentativo di ottenere dalla Moratti una censura nei miei confronti, costringendomi, come è avvenuto, a giustificarmi e a spiegarmi (peraltro ascoltato e compreso) con il sindaco di Milano, che si vedono i limiti di una formazione totalitaria e antidemocratica, ma negli argomenti con cui il sindaco di Firenze sostiene la propria causa. C’è un’evidente insufficienza logica nel rappresentare la contrapposizione fra i difensori della integrità del centro storico e quelli della tramvia come uno «scontro fra innovazione e conservazione». Povero Domenici! Conservazione e innovazione non sono valori stabili, definiti in modo schematico, attraverso una vaga idea di un futuro tecnologico, tanto più incerto con l’affermazione del modello «slow» di Carlo Petrini, fortemente sostenuto soprattutto a sinistra: nel caso di Firenze con la sua grande tradizione artistica, è evidente a tutti che la vera innovazione è la conservazione, e la possibilità di garantire monumenti e la struttura urbana per il tempo più lungo possibile procrastinandone la vita. Il futuro di una città come Firenze è la considerazione del suo passato perpetuandone, con la civiltà artistica, le tradizioni anche artigianali, i modi di vivere, i locali storici, la dimensione quotidiana, oltre ai musei. Difendere la tradizione fiorentina è la miglior prova di innovazione, proprio perché Firenze non è Los Angeles; e il sindaco di Firenze non deve perseguire il modello di progresso di una città americana. Troppo difficile da capire per Domenici che fa fare a Isozaki quello che a Tokyo non è consentito? I progetti dell’architetto giapponese, a Tokyo, sono realizzati ben fuori dal centro della città e non sarebbero in alcun modo tollerati in prossimità di un tempio buddhista. Prova ne sia che il brutto edificio di Gae Aulenti per l’Istituto di cultura italiano è stato aspramente contestato per le forme e i colori da intellettuali cittadini giapponesi con una protesta ben più vibrante di quella che Isozaki ha avuto per la sua pensilina agli Uffizi. Firenze è meno degna di essere difesa, come patrimonio dell’umanità, di Tokyo? Ma in questa vicenda ciò che appare ancora più inquietante non sono i deboli concetti espressi da Domenici ma la sua risibile accusa di ingerenza per la mia posizione, non diversa da quella di Asor Rosa o di Francesco Pardi, e per la quale ha chiesto l’intervento della Moratti. Proprio nel rendere noto questo suo appello, in un momento delicato di difficoltà tra me e il sindaco Moratti, c’è una, fin troppo evidente, ingerenza nelle vicende milanesi, quasi un caricare su di me per accrescere incomprensioni e disagi. Domenici non ha ottenuto il risultato sperato, e la Moratti ha perfettamente capito le mie ragioni, culturali e politiche.

Ma io ho deciso di non andare a Firenze per sostenere il referendum contro la tramvia per sottolineare, con la mia assenza, l’intollerabile censura, e il tentativo di intimidazione di Domenici. Mi verrebbe da dire, non essendosi vergognato di un atto tanto prepotente, che il sindaco di Firenze, preoccupato di perdere il referendum, ha perso la testa. Se mai l’avesse avuta.

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