Diminuiscono i trapianti in Lombardia. Per ogni vita che si spegne ci sono meno persone che «rinascono». I dati parlano chiaro: il numero dei donatori (17,7 ogni milione di abitanti nel 2008) è inferiore alla media nazionale di un quarto. Ed è in calo del 14 per cento rispetto al 2007. Non solo: se paragonata alle regioni vicine, come Piemonte, Liguria o Veneto, la Lombardia, conta il 30 per cento di donatori in meno. La nostra regione, leader in questa delicata branchia della chirurgia, è costretta a fare i conti con una (spiacevole) flessione. Per questo oggi si terrà un incontro al Pirellone, un summit di addetti ai lavori per confrontarsi sui dati e mettere a punto nuove strategie. «La flessione è innegabile - ha dichiarato Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti - il trend negativo era già evidente l’anno scorso. In Italia i donatori sono cresciuti ma non per questo sono aumentati i trapianti, in parte perché crescono i donatori non più giovanissimi. E fra gli “over cinquanta” è difficile poter disporre di tutti gli organi». Questo però non spiega l’andamento in discesa. Ma attenzione, la causa non va ricercata nemmeno nella scarsa “generosità” perché i dati riferiti alle opposizioni ai trapianti dimostrano che in Lombardia ci sono stati pochi rifiuti (fonte Cir del 31 ottobre 2008). La percentuale delle opposizioni in Lombardia è del 24,3 per cento (31,9 per cento la media italiana): quanto a disponibilità dei familiari la nostra regione è superata solo dal Veneto (20,1 per cento) e dall’Umbria (22,7 per cento).
Resta vero che i trapianti viaggiano a rilento, in alcuni ospedali milanesi la flessione rispetto all’anno precedente è del 22 per cento e si infittiscono le liste d’attesa dei malati. «Le liste d’attesa sono in aumento perché la capacità di utilizzare gli organi è aumentata - ha spiegato Mario Scalamogna, direttore del Nipt (il Centro interregionale del Nord Italia). La nostra regione è leader, si risolvono qui le situazioni critiche di tutta Italia. Abbiamo anche dei buoni reparti di rianimazione e, grazie all’obbligo del casco e di altre misure di sicurezza sono diminuiti gli incidenti stradali che provocano la morte dei giovanissimi».
Ma anche il calo degli incidenti, diffuso in tutta la Penisola, non basta a spiegare l’andamento in discesa dei trapianti lombardi tant’è che Scalamogna individua più «concause»: «Non stiamo parlando di bulloni, quello della donazione è un percorso complesso, sono coinvolte tante persone, in un tempo limitato. Quando c’è un morto c’è sempre una sconfitta».
Un aspetto che gli addetti ai lavori proporranno oggi di potenziare è quello relativo alle segnalazioni che «partono» dagli ospedali nei casi di morte cerebrale. E forse è proprio la segnalazione l’anello debole della catena. «L’organizzazione di tutti i reparti deve essere più sollecita, l’attenzione deve essere alta» valuta Nanni Costa. L’assessore alla Sanità Luciano Bresciani ha anticipato un nuovo ruolo professionale: «Stiamo pensando a un coordinatore in ambito regionale che sia in contatto con i coordinatori distribuiti nei vari reparti di rianimazione per non perdere il cosiddetto “donatore accertato”. Insomma, la nostra è una regione che ha raggiunto ottimi livelli e non ha nulla da invidiare a molti Paesi, a questo punto ci si incontra per migliorare l’efficienza ma anche la sensibilità».
E se i medici dei reparti coinvolti non nascondono il loro scetticismo, fino a due anni fa il ritmo dei trapianti negli ospedali milanesi era di quattro a settimana («oggi si affrontano solo le emergenze» è un coro da più parti) l’assessore non è affatto preoccupato: «Miglioreremo l’organizzazione e la rete. Una volta fatta l’analisi invertiremo la rotta».
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