Traumi e «Linea d’ombra» La genesi di un serial killer

Il criminologo Massimo Picozzi: «Non racconto la dinamica dei delitti ma le vere motivazioni»

da Milano

I serial killer come non ve li hanno mai raccontati. È la filosofia di Linea d'ombra, in onda lunedì alle 23.20 su Raidue con la puntata sul «mostro» di Rostov, Andrei Chikatilo. La Tv propone in abbondanza delitti e detective ma il programma condotto dal criminologo Massimo Picozzi rosicchia punti di share settimana dopo settimana. «È studiato apposta per la seconda serata, rivoluzionario fin dalla conduzione - spiega Picozzi -. Io sono un tecnico, non faccio giornalismo né spettacolo. Anzi, ho visitato personalmente molti dei criminali che racconto». «L'innovazione non è solo formale - continua Picozzi - e il pubblico inizia a rendersene conto. Non m'importa la dinamica del delitto, ma le motivazioni dell'assassino. Ecco cosa differenzia Linea d'ombra da altri programmi che trattano la cronaca nera. In psichiatria forense, si chiama analisi narratologica. Lunedì cercherò di spiegare com'è possibile che un tranquillo maestro di scuola e padre di famiglia come Chikatilo abbia ucciso 50 ragazzi».
Spesso si tratta di omicidi efferati. «Ma la ferocia c'entra poco. Quando visitai Erika e Omar scoprii che concepivano il delitto come una una specie di videogame dove chi viene colpito scompare all'istante. Ma non è così, la vittima cerca sempre di difendersi. Per questo motivo gli omicidi infieriscono tanto». Tuttavia, i serial killer non sono delinquenti come gli altri, prosegue il criminologo: «Molti hanno subito abusi e violenze da bambini e, per reazione, si sono rifugiati in un mondo fantastico dove infliggere pene al prossimo. Da grandi passano all'azione. Attenzione, però.

In genere i serial killer non sono squilibrati. Scelgono il male così come la maggior parte delle persone che hanno vissuto brutte esperienze resta dalla parte del bene. Purtroppo, ci sono storie che non si possono prevedere».

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