Ancora cinque ore dopo la tragedia l’anziana madre di Raimondo Casati, 48 anni, se ne stava ignara a guardare la televisione nel suo piccolo appartamento di Oreno, la frazione alle porte di Vimercate. Ignara di quanto era successo al figlio.
L’operaio rimasto ucciso nello scoppio di ieri alla Masterplast di Cornate d’Adda, viveva con lei. Solo. Una vita spesa ad accudire l’anziana donna che soffre di disturbi cardiaci e a cui riversava tutte le sue attenzioni da sempre. Un carabiniere l’avvisata a notte fonda di quanto successo.
Identica sorte per un altro uomo dell’Arma. A quest’ultimo è toccato recarsi a Casatenovo, in provincia di Lecco, dalla moglie dell’altra vittima, un immigrato del Burkina Faso. Solite formalità, ma questa volta è stato più difficile delle altre volte. Un compito non facile dal momento che Moussa Compaore si era appena sposato ed aveva avuto un bimbo che ora ha due anni.
Tutto è avvenuto attorno alle 17 di ieri nella zona industriale del paese, quando Raimondo Casati e Moussa Compaore stavano pulendo un estrusore, una macchina che trasforma fogli di plastica in piccole palline facilmente trasportabili e riutilizzabili. Un’operazione del normale ciclo di lavorazione della plastica usata che la macchina andata in mille pezzi trasforma in materiale nuovo pronto per l’uso. Lo scoppio improvviso e violento ha investo i più vicini al macchinario. I due sono stati colpiti da pezzi di metallo incandescenti «grandi come pugni», raccontano i compagni sopravvissuti alla tragedia. Schegge infuocate trasformate in proiettili e poi scaraventati lontano contro un pilastro di ferro che regge la trave del capannone.
Nell’incidente sono rimasti feriti i due figli di Paolo Cirasa, il titolare della ditta brianzola. La Masterplast di via Stucci 78, a Cornate d’Adda, è una delle tante cresciute come funghi da queste parti. Un capannone dietro l’altro senza soluzione di continuità. Nessun problema sino a quel maledetto pomeriggio di ieri quando i due operai su sette presenti si sono avvicinati all’estrusore perché i colleghi nella mattinata avevano segnalato alcune lievi anomalie. Niente di particolare, ma la macchina andava pulita ogni volta dopo le operazioni di stampaggio della plastica. Una sorta di rito quotidiano che si è trasformato in tragedia mortale.
Non è il primo caso di incidente che miete vittime sul posto di lavoro avvenuto in Brianza. Le statistiche parlano di un crescendo rossiniano. Nel 2002 furono 16, quattordici nel 2003, dieci l’anno successivo, altrettanti nel 2005. Otto nel 2006.
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