Tremonti, ovvero coraggio senza ideologie

La politica, anche economica, è innanzi tutto musica, non testo, è il ritmo imposto alla società che si governa per mobilitarla perché raggiunga le sue mete da sé, per farla correre nei momenti di difficoltà tra grane della finanza internazionale ed esplosione dei prezzi delle materie prime. E si sa, la prima virtù della migliore musica, è essere vera, passione, grandezza e dunque semplicità, senza artifizi e trucchetti.
Quello che trovo convincente nell'azione di Giulio Tremonti è questa nuova virtù: essersi liberato dalle ideologie e saper dire la verità.
Vi è, per esempio, una speciale povertà determinata da un'inflazione ineguale che colpisce prodotti essenziali per la sopravvivenza? Il magnifico cavillatore risale ai grandi principi, alle liberalizzazioni che dovrebbero ridare fiato al mercato. Il confuso agitatore sindacale declama astratti principi di giustizia sociale. Mentre nel frattempo tra cavilli e confusioni settori decisivi della società italiana soffrono la fame. La virtù tremontiana è partire dalla verità e affrontarla nel modo più semplice, consentendo a chi ha oggi, in una fase particolare della nostra economia, il problema di soddisfare i propri bisogni primari, di farlo.
Proprio il carattere provvisorio, emergenziale della carta per anziani ne è il punto di forza: nessuna soluzione barocca che non solo chiede tempo ma può determinare architetture inessenziali che finirebbero poi per essere pagate da tutto il resto della società. Ma un provvedimento semplice, efficace, mirato. In attesa di riforme di fondo che consentano, in fasi di inflazione calante, soluzioni strutturali.
Il coraggio della verità e della semplicità, questa mi sembra la chiave della nuova fase tremontiana. Così si è realizzata una conquista la cui portata non ci si stancherà mai di lodare: la Finanziaria impostata nelle sue linee essenziali prima dell'estate e poi approvata entro ottobre. Liberando così per mesi il Parlamento dall'orribile suk che era l'approvazione dell'atto decisivo del bilancio dello Stato. Le persone non esperte di politica non si rendono conto che agendo così il ministro rinuncia a un potere che non lo accresce. La regia del suk, divisa tra ministro e parlamentari che sovrintendono alla gestione in aula della Finanziaria, è il centro del potere italiano per metà dell'anno. Certamente il ministro che decide prima dell'estate, si assume una grande responsabilità, e se la affronta bene ne ricaverà peso politico (se gli va male, però, non avrà scusanti), ma rinuncia all'enorme potere del suk, alle alleanze che questo consente, ai rapporti privilegiati con questa o quella lobby.
Lo spirito della manovra è in ogni atto questo: se banche e petrolieri utilizzano posizioni particolari di rendita, vengono particolarmente tassati. Si dirà: ma la soluzione è la competizione, non le tasse speciali. Il problema è sempre «ben altro». Tremonti non manca di dare impulso alle liberalizzazioni e lo fa utilizzando l'impostazione di Linda Lanzillotta (così come utilizza senza problemi pezzi delle manovre di Tommaso Padoa-Schioppa e persino di Vincenzo Visco, con uno spirito nuovo, senza più acredine).

Ma rifiuta di fare la figura del fesso, di agire solo nel classico spirito prodiano della fase 2: adesso vi tasso come un matto, poi restituirò. La fase 1 e la fase 2 marciano insieme: mentre liberalizzo, colpisco anche le rendite ingiustificate dal mercato. Potrei fare altri esempi, ma il consiglio che vi do è: ascoltate la sua musica. È di qualità.

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