nostro inviato a Sanremo
Succede così, succede che talvolta gli opposti estremisti diventino amici quasi per caso, incrociandosi alle prove di un Festival di Sanremo che, molto meno per caso, giorno dopo giorno li consacra protagonisti. Van de Sfroos, l’irruenza in dialetto. Tricarico, la creatività eterea. Manco si conoscevano di persona, adesso parlano flautati uno dell’altro, «anche se lui, infame, lo dice in giro e io non volevo» ridacchia Tricarico scendendo dal palco dopo aver provato L’Italiano con Toto Cutugno e un coro multirazziale. Neanche a farlo apposta, Van de Sfroos canterà Viva l’Italia e guardali qua gli estremismi che coincidono.
«Siamo due aspetti di un totem cosmico» esagera lui, monzese, targato 1965, chiamato Davide Bernasconi finché è diventato Van de Sfroos – letteralmente «vanno di frodo », sottinteso i contrabbandieri di frontiera – per centinaia di migliaia di tifosi che prima erano tutti lì, nel varesotto, in Brianza, nelle zone dove si parla il laghèe, il dialetto tremezzino che poi non è così complicato e che lui ha inserito nel dizionario del nostro pop valido ormai da Trieste in giù.
Ci ha pensato un bel po’, prima di decidersi a venire qui in questo teatro, il Davide padre di tre figli che snocciola per età, «hanno tre, sei e otto anni », ci ha pensato e ripensato e ha persino aspettato di parlarne a casa sua con Morandi davanti a un bicchiere di vino. Ora è qui: e ha fatto bene. Il suo brano è, per tensione musicale e testi (già, se non lo capite, leggeteli in italiano pensando al Sandokan di Kabir Bedi: e sorriderete, garantito), uno dei migliori e lo confermano anche i siti musicali più talebani, quelli che o sei “indie” oppure stattene a casa.
Forse Tricarico potrebbe spiegargli come si sta quando si viene coccolati dalla critica sanremasca, la più feroce. La sua prima volta, tre anni fa, è stata quella di Vita tranquilla , adesso ha i Tre colori che fanno tanto bandiera e che qualcuno ha subito catalogato nella casella politica nonostante «racconti una favola che non c’entra nulla con questo». Traduzione: non parla di leghismo, antileghismo e annessi. La Lega, già. Qualche volta è capitato anche a Van de Sfroos di esser contabilizzato alla voce Lega Nord per via del dialetto e di una padanità condivisa, mai imposta, compresa anche a Barletta o Ragusa perché pure in quelle zone va a cantare il Davide, come lo chiamano gli amici di ogni giorno come Giampiero Canino l’inarrestabile.
Ma ieri Van de Sfroos, presentando «Gioventù ribelle» a Casa Sanremo con il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, ha detto chiaro e tondo che «politicamente sono ateo», a dimostrazione che da una parte politica, la sinistra, gli artisti devono sposare la causa altrimenti non se li fila nessuno. Dall’altra, non è richiesto. Libertà, dunque. Che non vuole dir assenza di idee. Ma non divaghiamo.«Io e Tricarico – dice il Davide –veniamo da mondi diversi, io la provincia lui la città, ma abbiamo la stessa insofferenza verso determinati ambienti e ci sentiamo allo stesso modo inibiti quando siamo in certe situazioni che sono quelle formali, accademiche, talvolta manieriste».
Insieme sono le convergenze parallele. Van de Sfroos vestito, quando ne ha voglia,come un pescatore di “ pich”nel Lago di Como. Tricarico sembra un lord inglese, anzi il figlio di un lord inglese quando è nelle ore di riposo a Oxford, con un completino aderente e dal taglio perfetto che lui dice «veste bene anche il mio animo» e lo dice due minuti dopo aver definito Van de Sfroos «ruspante» con una complicità sorniona che te la scordi qui all’Ariston durante il festival. Comunque vada, loro saranno un successo.
E, comunque vada, sono le due facce nuove di una musica che prova lentamente a sganciarsi dagli stereotipi senza strillare dal di fuori ma arrancandoci furiosamente dentro con una vitalità che solo gli opposti estremismi sanno far scintillare senza diventare sterili convergenze parallele.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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