«Troppi doveri e pochi diritti Il Nord è stufo di statalismo»

L’ex leader locale degli industriali può battere l’Unione al ballottaggio

Stefano Filippi

nostro inviato a Belluno

Il centrodestra che vince al Nord ha il volto barbuto e saggio di Celeste Bortoluzzi, 60 anni il prossimo 20 giugno, un imprenditore edile di poche parole e dalle idee chiare - un «uomo del fare» direbbe Silvio Berlusconi - che al ballottaggio potrebbe strappare Belluno all'Unione. Era il presidente degli industriali, ha scelto la politica. Ha lasciato la guida degli imprenditori, ha passato al figlio il 90 per cento delle azioni dell'impresa di costruzioni per evitare conflitti di interesse («anche se come amministratore pubblico non potrei comunque partecipare alle gare d'appalto») e ha messo in piedi una lista civica battezzata «Miglioriamo Belluno» (nonostante il nome, Bortoluzzi non ha la tessera azzurra) appoggiata dai movimenti autonomisti e da quasi tutto il centrodestra. Mancava soltanto l'Udc. «E pensare che sono stati proprio loro a spingere di più per la mia candidatura - sospira il costruttore - poi, come succede in politica, mi hanno salutato. Peccato, potevamo vincere al primo colpo». In effetti, domenica e lunedì Bortoluzzi ha incassato il 45,5 per cento: se avesse potuto contare subito anche sul 6,6 del centrista Eugenio Colleselli, la partita sarebbe già chiusa. «Eh, l'Udc ha giocato fino all'ultimo su due tavoli - allarga le braccia -. Hanno tentato di far l'accordo con la Margherita ma sono rimasti con il cerino in mano. Io sono fiducioso, i loro elettori fondamentalmente sono di centrodestra. Però non bisogna smettere di lavorare, il soccorso rosso è ancora forte...».
Bortoluzzi spiega il segreto del suo successo in poche battute: «Concretezza del programma ed esposizione chiara di quello che voglio fare». Secondo lui, le ragioni di schieramento sono passate in secondo piano: «A Belluno si guarda soprattutto alle cose da fare e l'attuale amministrazione ha ignorato la periferia della città. Errore clamoroso: il Comune comprende una cinquantina di frazioni. Il malcontento è generalizzato».
A metà marzo Bortoluzzi non era presente alla famosa assemblea di Confindustria a Vicenza: «Ero a casa ammalato, purtroppo. E mi sono mangiato le mani». Per non aver potuto applaudire Berlusconi? «Proprio per quello. Per fare capire meglio come la pensiamo qui. Il Nord Italia è la parte produttiva del Paese, e siamo tutti stanchi di una situazione in cui lo Stato ci restituisce meno che al Sud». Che fa, cavalca la protesta leghista? «No, qui non si parla più di secessione, ma penso che si sia consolidata la convinzione che abbiamo qualche diritto in più e qualche dovere in meno».
Così, anche il candidato imprenditore ha navigato sull'ondata nordista favorevole al centrodestra. «Da queste parti il linguaggio statalista della sinistra è incomprensibile - spiega Bortoluzzi -. A Belluno votare Unione significava appoggiare un eccessivo centralismo delle decisioni e il personalismo di chi fa politica. E nelle urne la gente ha reagito.

La mia vittoria non significherebbe soltanto invertire la tendenza a Belluno, ma sarebbe anche un segnale per il resto della provincia: fra poco si vota a Feltre e in altri grossi centri amministrati da parecchi anni dal centrosinistra. E anche qui tira aria di cambiamento».

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