Spirito di sopravvivenza, istinto materno, fedeltà al branco e ai padroni armati di guinzaglio. Vocazione naturale per la caccia e per la riproduzione della specie. Niente di nuovo. Sono prerogative degli amici animali nelle quali, chi più chi meno, abbiamo imparato a riconoscerci e certo non ce ne meravigliamo.
La novità è che il popolo a quattro zampe - lo dice oggi uno studio americano - ha una marcia invidiabile anche nella ricerca della più strenua e diffusa ambizione del genere umano. La felicità.
Gli animali avrebbero una pulsione più fervida di qualunque uomo a vivere per il puro e semplice esaudimento del proprio benessere. Per esempio, se una bestiola pilucca un particolare genere di frutta, può succedere che stia annegando i suoi dispiaceri nell'alcol? Cosa proverà mai un ratto, quando si trova tutto solo in uno scantinato? Possibile che si diverta come un bambino in un labirinto di giochi e cerchi, all'occorrenza, della Coca Cola? Gli scienziati dispenserebbero una sequela di categorici «sì» a queste domande.
Il Dottor Jonathan Balcombe, studioso del comportamento animale, spiega aspetti della psicologia della fauna oscuri anche a molti veterinari, e muove da tre capisaldi: la capacità adattiva dell'amico a quattro zampe, dalla quale discende una straordinaria resistenza alle avversità, fisiologiche ed emotive; il rapporto speciale che alcuni animali hanno con l'uomo; infine, il carattere bifronte del sentimento, negli animali, ovvero la loro capacità di assaporare a tutti gli effetti il dolore e il piacere. Allo stato più puro.
La difficoltà che gli studiosi hanno riscontrato nel decifrare la ricerca della gioia, nelle creature selvatiche, è proprio legata alla diversa concezione del benessere che gli animali hanno rispetto a noi uomini. Le loro pratiche, le loro soddisfazioni, possono cozzare clamorosamente con ciò che, secondo il nostro gusto, suscita piacere.
E invece, a dispetto delle cicogne che restano in panchina coi loro fagottini in becco, i lamantini (mammiferi acquatici) sono gli esemplari più avvezzi a pratiche sessuali che escludono la gravidanza. Pur adulti e in grado di riprodursi, questi animali optano per forme molto diffuse di sesso orale. E a chi si chieda cosa sia l'amore, nel regno selvatico, la scienza risponde che l'animale è predisposto dai suoi ormoni, e quindi dal suo cervello, a nutrire gli stessi legami di noi uomini: l'abbraccio di una coppia di giraffe che si strusciano teneramente al loro cucciolo, o un macaco (specie di scimmia) che culla il proprio neonato, suscitano nei suoi protagonisti le stesse, identiche emozioni di quelle di una famiglia umana.
Agli uccelli invece piace la vita dissoluta. I gabbiani e le cornacchie amano l'ebbrezza dello schianto sul terreno, cioè il vero e proprio «tuffo» verso il suolo, a una tale velocità da non garantire alcuna possibilità di sopravvivenza. L'obiettivo? Provare la semplice e nota eccitazione del paracadutista. D'altro canto, gli uccelli di rovo cari alla scrittrice Colleen McCullough avevano come specialità quella di cantare meglio delle allodole e degli usignoli trafiggendosi con una spina, e morendo di gioia: era lì l'acme del loro canto, col quale evocavano il sorriso del Creatore. Ma uno studio dell'Università di Bristol riferisce qualcosa di più: elefanti e alcuni volatili di vario genere adorano la frutta fermentata, e con essa si ubriacano nel senso più letterale.
Animali maestri dell'anima: vanitosi, protettivi, umorali, amanti della sfida fino a lasciarci le penne.
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