Trova i geni del vero killer Libero dopo 14 anni in cella

Roy Brown scarcerato grazie alla saliva del colpevole

da Washington

«Indagare su un delitto per dimostrare la propria innocenza è come andare a caccia: se un assassino si nasconde nel bosco lo si snida». Con questa massima in testa e tanta determinazione, Roy Brown, condannato a 25 anni di carcere nel 1992 per un omicidio mai commesso, è riuscito a smascherare il vero colpevole, che per la disperazione si è poi suicidato. Tre anni fa Brown ha scritto una lettera a Barry Bench, l’uomo che credeva colpevole: «I testimoni possono mentire, i giudici possono essere ingannati, le giurie commettono errori. Il Dna non sbaglia. Il Dna è una creazione di Dio e Dio non commette errori». Bench, pompiere e fratello dell’ex compagno della vittima, l’assistente sociale Sabina Kulakowski, si credeva insospettabile. Anche se alcuni testimoni avevano raccontato che da tempo egli rimproverava alla vittima di vivere nella fattoria del fratello. Brown, bevitore incallito, era appena uscito dal carcere, dove aveva scontato otto mesi per minacce a un’assistente sociale (collega della Kulakowski) che voleva togliergli la custodia della figlia di 7 anni. Al processo, avvenuto nello stato di New York nei primi mesi del 1992, Brown aveva protestato la sua innocenza, ma nessuno gli aveva creduto. Il corpo dell’assistente sociale trovata strangolata, nuda e piena di lividi nella fattoria semi incendiata il 23 maggio 1991, per i giudici parlava da solo.
Roy Brown è stato confinato all’Elmira Correctional Facility, dove avrebbe dovuto scontare 25 anni. Nel dicembre del 2003 Brown scopre l’esistenza della testimonianza mai ammessa in tribunale, che mette in luce la connessione fra Barry Bench e Sabina Kulakowski. Scrive la lettera a Barry Bench e l’uomo, tre giorni dopo, si getta sotto un treno.

L’esame del Dna rivela che sul cadavere della vittima ci sono tracce di saliva di Barry Bench. Roy Brown a giorni sarà libero. Non serba rancore per i 14 anni trascorsi in carcere: «Sono ancora dietro le sbarre, ma sono già un uomo libero. Lo sono sempre stato, perché sono innocente».

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