Doveva succedere: uno scienziato che lavora in Trentino e che studia il cervello degli animali qualcosa dovrà pur dirla sugli orsi... Quindi eccomi qua, ma non per discutere dei magri destini dell'orso M90, bensì per raccontarvi degli «orsanti».
Iniziamo con una tipica domanda da esame di Etologia o di Cognizione Animale all'università: «Signorina/Signore, immaginiamo che Lei domani l'altro, con il titolo di dottore in tasca, si trovi a lavorare in un giardino zoologico. Il Direttore vorrebbe che lei facesse alzare la zampa posteriore sinistra all'orso ospitato nello zoo impiegando la tecnica del condizionamento pavloviano (i direttori, si sa, a volte fanno richieste curiose). Mi dica per favore come procederebbe».
Immagino che i miei lettori non siano tutti esperti delle procedure di condizionamento. Qui basti rammentare che se ne conoscono due varietà. La prima, nota come condizionamento classico o pavloviano (dal nome del suo scopritore, il fisiologo russo Ivan P. Pavlov) si basa sulla possibilità di condizionare una risposta riflessa (o incondizionata) che viene suscitata da uno stimolo incondizionato. Ad esempio, se indirizzo la luce di una torcia sui vostri occhi le pupille si restringeranno; oppure, se deposito delle gocce di limone sulla vostra lingua, inizierete a salivare. Queste risposte riflesse possono essere condizionate se qualche istante prima della somministrazione dello stimolo incondizionato (la luce, le gocce di limone) vi presento uno stimolo neutro (detto anche condizionato), come ad esempio il suono di un campanello. Dopo un certo numero di accoppiamenti di stimolo condizionato e stimolo incondizionato avviene l'apprendimento: il campanello, lo stimolo condizionato, suscita, da solo, la risposta riflessa, che adesso chiameremo perciò risposta condizionata.
C'è un altro tipo di apprendimento associativo, il condizionamento operante o skinneriano (dal nome dello psicologo Burrhus F. Skinner che lo ha indagato). Si basa sul semplice principio per cui se all'esecuzione di un'azione volontaria, come ad esempio sollevare una gamba, segue una conseguenza piacevole (un premio) l'azione tenderà a essere prodotta nuovamente, mentre se ne segue una spiacevole (una punizione) tenderà a non essere riprodotta.
Gli studenti incontrano qualche difficoltà a rispondere alla domanda all'esame perché trovano più facile usare il condizionamento strumentale, che si basa su risposte volontarie. Per ottenere questa forma di apprendimento basta infatti aspettare che l'animale decida spontaneamente di sollevare la zampa posteriore sinistra e ricompensarlo subito con qualche leccornia: in poche prove apprenderà a sollevare la zampa per ottenere il premio. Obbligati a usare una risposta involontaria, invece, gli studenti restano perplessi: come faccio a ottenere che l'orso alzi la zampa in maniera riflessa?
E qui entrano in scena gli orsanti. La storia me l'ha raccontata il signor Andrea Chiari, che sta a Reggio Emilia. Gli orsanti erano intrattenitori ambulanti che portavano nelle fiere d'Europa orsi ammaestrati a ballare al suono di uno strumento musicale. L'attività si è tramandata anche in alcune località appenniniche tra Parma e Piacenza, perciò è nota al signor Chiari. Questi orsanti sono dei predecessori di Pavlov. L'orso veniva abituato fin da piccolo a essere collocato su lastre di ferro arroventato in modo che saltellasse in risposta (riflessa) allo stimolo (incondizionato) del forte calore, udendo allo stesso tempo il suono di una musica (stimolo condizionato): la stessa musica che poi durante le esibizioni sollecitava il ricordo del tormento producendo il ripetersi automatico di quei saltelli.
Gli orsanti non facevano ballare solo gli orsi ma addestravano anche le scimmie (chissà come) e producevano il ben noto numero del cavallo che sa contare. Era una professione viaggiante che coinvolgeva intere comunità e ci sono libri (e anche un museo a Vigoleno) che la ricordano. La storia degli orsi ballerini è antica, inizia con gli antichi greci per essere poi recuperata dai romani; prosegue poi con il circo itinerante del Medioevo e del Rinascimento, antenato del circo moderno. Gli spettacoli con gli orsi erano tipici di molti Paesi del mondo: dall'India al Pakistan, dalla Turchia alle nazioni dell'Europa Orientale. In questi ultimi Paesi gli orsi ballerini sono arrivati con le migrazioni e l'espansione delle diverse tribù nomadi. In Bulgaria gli spettacoli degli orsi ballerini, i cui proprietari, i Mechkari, sono di origine Rom, sono stati proibiti in anni relativamente recenti (in Grecia e in Turchia nel 1999, in Bulgaria pochi anni dopo). Dopo la proibizione gli orsi addestrati sono stati collocati in oasi protette. Ancora oggi però, ogni volta che sentono la musica quegli orsi si alzano sulle zampe posteriori per danzare. Nel suo bellissimo libro Orsi danzanti. Storie di nostalgici della vita sotto il comunismo (Keller Editore, 2022), Witold Szabowski usa la storia come una metafora per parlare di tutti quelli che, come gli orsi bulgari, pur essendo liberi provano nostalgia per i tempi in cui non lo erano.
La pratica degli orsi ballerini è crudele ed è bene che sia stata abolita. Tuttavia mostra come le conoscenze empiriche sull'apprendimento animale (incluso quello degli esseri umani, com'è ovvio) abbiano preceduto la loro formalizzazione e analisi rigorosa in ambito scientifico. Oggi sappiamo che un'innocua vibrazione o una stimolazione tattile che procuri solletico sarebbe sufficiente per fare alzare la zampa dell'animale.
Le buone pratiche di convivenza con animali come gli orsi e i lupi hanno fatto parte della cultura della società contadina nel nostro Paese, una società nella quale allevatori e agricoltori, ma anche
cacciatori e pescatori, erano eccellenti etologi intuitivi, e per molti versi lo sono ancora. Diffondere una cultura e una sapienza naturalistica, anche pratica, è perciò il primo passo per trattare bene gli altri animali.
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