Truffa sui derivati: la Gdf a Palazzo Marino sequestra documenti

Truffa sui derivati: la Gdf a Palazzo Marino sequestra  documenti

(...) Tutta materia già da tempo entrata nel fascicolo degli inquirenti che, guidati dal pm Alfredo Robledo, stanno indagando sulle operazioni bancarie e che hanno già prospettato per una decina di manager dei quattro istituti di credito il reato di truffa aggravata. Al momento non ci sarebbero altri iscritti nel registro degli indagati.
Come se non bastasse, ieri il presidente Manfredi Palmeri ha consegnato ai consiglieri le 50 pagine stilate dal dirigente e dai due funzionari della direzione specialistica internal auditing di Palazzo Marino a cui il sindaco Letizia Moratti ha affidato il compito di far luce sulla vicenda. Il risultato è una bocciatura, senza possibilità d’appello, degli istituti di credito, ma anche del Comune. «Le banche - si legge - hanno mostrato un comportamento poco trasparente». «I rischi reali e i costi delle operazioni» non risultavano «evidenziati in modo chiaro ed esplicito». E poi «i contratti sono redatti in lingua inglese e appaiono di difficile comprensione: le norme contrattuali di salvaguardia della banche sono molto dettagliate». E il tutto va «a vantaggio degli intermediari finanziari» e non certo dei milanesi. Nel documento si legge di operazioni poco trasparenti, «descritte in modo elusivo e generico», «contro l’obiettivo di ridurre l’indebitamento» e affidate, «con semplici determine dirigenziali» senza alcuna gara e «la necessaria consulenza di un advisor indipendente». La relazione punta il dito contro il direttore del settore finanza e definisce gli atti che hanno portato alle sei rinegoziazioni dei derivati come «eterogenei tra loro» e, nei rari casi in cui vi siano delibere di giunta o di consiglio, «senza informazioni adeguate su rischi e costi delle operazioni». Le rinegoziazioni dei derivati sono avvenute sempre con le quattro banche che hanno collocato il bond (Depfa, Deutsche bank, Ubs e Jp Morgan) senza indire nuove gare e affidandosi per la valutazione delle singole operazioni, anziché «a un advisor indipendente», alla valutazione delle banche stesse in evidente conflitto d’interessi.
La relazione si conclude raccomandando al Comune di dotarsi di un codice di condotta che chiarisca le competenze del consiglio comunale, della giunta e dei dirigenti nelle operazioni finanziarie, visto che sulla vicenda dei derivati sono emersi «atti formali molto eterogenei» e alcuni di questi non hanno coinvolto gli organismi politici anche se avevano diretta incidenza sugli esercizi futuri di bilancio.
«Ci domandiamo a questo punto - attacca Fabrizio Spirolazzi (Pd) - dove fosse la politica in questi anni.

Troppo facile scaricare la responsabilità sugli uffici comunali, quando erano noti a tutti la complessità degli strumenti derivati e i rischi che il Comune correva. Basta leggere gli interventi in aula dei consiglieri del centrosinistra nel 2005, nell’unica seduta di consiglio comunale in cui si è parlato di questa operazione».

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