Turchia, i militari scelgono il generale anti-islam

Nuove polemiche sul premier Erdogan e sulla sua decisione di facilitare l’attività delle scuole coraniche non autorizzate

da Istanbul

Il generale Yasar Buyukanit, capo di Stato maggiore turco e strenuo difensore della laicità dello Stato, va in pensione. Al suo posto arriva il comandante delle forze di terra uscente, il generale Ilker Basbug, come il predecessore attento custode dei principi su cui si fonda la Turchia moderna di Mustafa Kemal Atatürk.
In Turchia, la nomina di un capo di Stato maggiore è evento sempre molto seguito. I militari, infatti, guardiani della laicità nel Paese, hanno portato a termine tre golpe negli ultimi 50 anni. Il nome di Basbug era nell’aria da qualche mese. Indiscrezioni riportate dalla stampa turca hanno riferito che sia stato lo stesso Buyukanit a proporre il comandante delle Forze di terra come suo successore e a sostenere la sua candidatura. Secondo il quotidiano Hürriyet, in un primo momento, Buyukanit aveva dato la sua disponibilità a rimanere in carica ancora qualche mese, fino al compimento dei suoi 65 anni, data della pensione per i militari. Poi avrebbe desistito, previa però assicurazione dell’arrivo di Basbug, «il guerriero di ghiaccio», come lo chiamano nei circoli militari per la sua calma. La nomina è avvenuta durante lo Yas, il Consiglio militare supremo, aperto dal premier Recep Tayyip Erdogan venerdì e chiuso dal presidente della Repubblica Abdullah Gül ieri. Il nuovo capo di Stato maggiore rimarrà in carica due anni anziché quattro, come Buyukanit, per motivi legati a limiti di età. I media concordano nel dire che non ci sono state discrepanze fra governo islamico-moderato ed establishment militare sulla sua candidatura. Tuttavia, la scelta di Basbug potrebbe non essere una bella notizia per il premier. Le idee del nuovo capo delle forze armate in fatto di laicità, infatti, sono note. A fine settembre 2006, pochi giorni dopo la sua elezione a comandante delle forze di terra, Basbug tuonò indirettamente contro il governo islamico-moderato, dicendo che gli ordini religiosi avevano assunto un’importanza all’interno del Paese intollerabile. Pochi giorni dopo era arrivato l’attacco di Buyukanit, che aveva parlato di irtica (deriva islamica ndr) e definito la Turchia «in serio pericolo».
Adesso Buyukanit è uscito di scena e il suo delfino si trova a guidare l’establishment militare in un momento nevralgico per la sua storia e quella del Paese. Le recenti indagini che hanno portato davanti ai giudici 86 sospetti membri di Ergenekon, la «Gladio turca», hanno coinvolto anche tre generali in pensione. Buyukanit ha più volte sottolineato che l’establishment militare non ha nulla a che vedere con l’organizzazione, che il 20 ottobre sarà processata per terrorismo e tentato colpo di Stato. Dall’altra parte, però, anche il premier Erdogan dovrà agire con molta prudenza. Il suo partito è stato salvato la settimana scorsa dalla Corte Costituzionale, evitando la chiusura per attività anti-laiche e ricevendo solo un taglio ai finanziamenti previsti dalla legge. Un gesto di pacificazione nazionale da parte della magistratura al quale però adesso deve seguire da parte del premier una politica più moderata.
Gli inizi non sono confortanti. Il crollo, pochi giorni fa a Konya, di una scuola coranica estiva, in cui hanno perso la vita 17 ragazze, ha fatto riesplodere antiche polemiche.

È incerto se il corso fosse autorizzato o no, sta di fatto che ieri un ex dirigente dell’Akp, partito di Erdogan, ed ex dirigente delle Direzione Affari religiosi, Tayyar Altinkulac, ha detto che la scuola non era legale e ha ricordato che il premier, nella revisione del Codice penale del 2004, ha depenalizzato i reati religiosi, organizzazione di corsi illegali di Corano inclusa.

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