Tutte le capriole dei pm pugliesi per mettere sotto accusa Silvio

Al Cavaliere si contesta la concussione ma non c'è traccia di tangenti o benefici più o meno allettanti. I giudici potrebbero essersi confusi scambiando l'Agcom per un'associazione di consumatori legata alla truffe delle carte di credito

Tutte le capriole dei pm pugliesi per mettere sotto accusa Silvio

Il dubbio, fantozziano, viene insinuato da Marcello Sorgi sulla Stampa: non è che i giudici di Trani hanno fatto confusione e in un’insalata russa di sigle e authority hanno pensato che l’Agcom potesse «occuparsi anche della difesa dei consumatori truffati con le carte di credito?».
È il primo mistero, poco glorioso, dell’inchiesta cabriolet che con una capriola è passata direttamente dalle revolving cards dell’American Express al presunto pressing del Cavaliere per chiudere Annozero. Dall’usura al complotto per spegnere la voce di Michele Santoro.

Funambolismi
Più abili dei prestigiatori, i pm di Trani dopo aver scavato dalle parti dell’American Express hanno imboccato la strada che porta a Palazzo Chigi. Come hanno fatto? C’è davvero stato un qualche equivoco, come fa intendere Sorgi? Forse, almeno in prima battuta, la squadra investigativa di Trani pensava che l’Agcom tutelasse i consumatori? La domanda, per quanto spericolata, cerca di coprire un salto che non si riesce tanto facilmente a colmare. In realtà a Trani hanno dato una spiegazione molto curiosa. In sostanza, i vertici dell’American Express avrebbero cercato un sistema per ridurre al massimo l’impatto sui media dell’indagine. E in questo modo si sarebbe arrivati al Tg1 e al direttore Augusto Minzolini.

I testimoni intercettati
È un’altra anomalia dell’indagine. A Trani si offenderanno e diranno che non è vero, ma da quel che si capisce la Procura ha gettato le reti con fede, aspettando una pesca più miracolosa di quella dei vangeli. Alcuni testimoni sono stati ascoltati al telefono. In particolare i due testi chiave, Augusto Minzolini e Giancarlo Innocenzi, dell’Agcom. Per carità, il codice consente l’intercettazione del testimone ma la sensazione è che qua si sia andati avanti a tappeto. Poi i due sono stati interrogati. E a quel punto si sono messe a confronto le loro parole con quello che dicevano al cellulare, non è ben chiaro se subito prima o subito dopo le deposizioni, o prima e dopo.

La concussione telefonica
Ecco che l’inchiesta sulle revolving cards diventa un’incursione a Palazzo Chigi. Berlusconi, ormai è ufficiale, viene indagato per concussione e minacce ai danni di Innocenzi. E anche qui le stranezze sono più d’una. La prima riguarda proprio l’impalcatura giuridica: sta in piedi la concussione? Nella concussione, come ha spiegato al Giornale il professor Franco Coppi, uno dei più affermati penalisti italiani, «c’è un ricatto, un’imposizione, un aut aut». Qui c’è davvero stato qualcosa del genere? Coppi ne dubita: «Mi sembra un pascolo abusivo, questa concussione. Si fatica a capire come il Cavaliere possa aver commesso col suo forcing telefonico un reato così grave». Fra l’altro, nella concussione, il pubblico ufficiale fa un’estorsione pretendendo, per sé o per altri, denaro o altre utilità. Qui non c’è traccia di tangenti, e nemmeno di benefit più o meno allettanti. C’è la rabbia del Cavaliere, il suo sfogo, forse - a quel che si dice a Trani - le sue ingiunzioni e gli insulti a Innocenzi. Dov’è la concussione?

La vittima diventa complice
Anche il ruolo di Innocenzi è assai ambiguo e assomiglia a certi centauri del mito greco. È vittima, ma poi diventa in qualche modo complice; con una rapida metamorfosi viene indagato per favoreggiamento. Si può essere in combutta con chi ti ha appena minacciato e chiuso in un angolo? A Trani, a quanto pare, sono specializzati nel risolvere ogni problema. Dopo l’inchiesta cabriolet, ecco l’uomo dai due volti: vittima e insieme complice. È tutto double face, a Trani e ogni verità contiene il suo rovescio.

La competenza che non c’è
Il testimone Innocenzi viene intercettato e diventa complice. Così come il teste Minzolini che viene iscritto nel registro degli indagati per violazione del segreto istruttorio. Siamo così a un altro capitombolo di un’inchiesta da funamboli. Dopo aver fabbricato l’indagine, la procura di Trani diventa anche il recinto che ospita i reati. Minzolini, perennemente intercettato, parla infatti al telefono subito dopo l’interrogatorio e, chiacchierone com’è, si lascia sfuggire i contenuti di quell’audizione riservata. Infrange la raccomandazione che gli era stata fatta e si mette nei guai. Insomma, lo si tira per i capelli dentro un’inchiesta lontanissima dal direttore del Tg1, lo si convoca nella periferica Trani, poi si tende la trappola che farebbe scattare la competenza della città pugliese.

È un meccanismo che può portare lontano, molto lontano: a indagare su tutto e su tutti. La carta di credito, avvolta nel filo del telefono, è un tappeto volante, come quelli delle favole della nostra infanzia. Porta ovunque, ma torna sempre alla base. Al punto di partenza. Un’interpretazione che gli avvocati non condividono. Un battaglione di penalisti sta preparando esposti su esposti perché la competenza, senza bisogno di scomodare il codice ma solo in base alla geografia delle istituzioni coinvolte, sarebbe della procura di Roma e del tribunale dei ministri. Dunque, sarebbe già partito il conto alla rovescia, il fatidico countdown per la trasmissione degli incartamenti. Trani avrebbe quindici giorni per disfarsi del malloppo, forse a partire dall’8 marzo, o forse, secondo un’altra scuola di pensiero, dal 15. Dettagli.

Trani non ne vuol sapere, si tiene stretta le carte e ha messo all’opera un poker di pm. È un altro paradosso. Altro che prepararsi all’addio, si crea il Pool, il Pool di Annozero. E l’indagine quadruplica, come certe ferrovie.

Niente male per un’inchiesta in cui all’inizio, come racconta Minzolini al Giornale, si contestava all’American Express di aver fatto pagare ad un finanziere «529 euro invece di 129. Quattrocento in più». È il peccato originale che porta fino alla capitale. E al Cavaliere. Senza lasciare Trani.

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