Los Angeles. Nella stagione che culmina con gli Oscar sono tanti i concorsi e riconoscimenti destinati ai migliori film e artisti dell'anno appena concluso. Ognuno di questi ha un suo significato, una missione e, per questo motivo, un criterio specifico di valutazione. La Hollywood Critics Association (Hca) è la più giovane fra queste associazioni, nata nel 2016, con lo scopo di riunire un gruppo di critici cinematografici che tenessero conto della diversità nella società e supportassero le voci meno rappresentate nella industria del cinema americano e mondiale. Nonostante la giovane età, questo gruppo ha già guadagnato rispetto e visibilità nel settore. Gli Hca Awards quest'anno si sono tenuti all'interno del prestigioso Beverly Wilshire Hotel, lo stesso in cui alloggiava il personaggio di Richard Gere in Pretty Woman. Il film che ha ricevuto più riconoscimenti è Everything Everywhere All at Once, con ben sei premi, fra cui Miglior film, Miglior regia e Miglior attrice a Michelle Yeoh. Altrettanto importante è stato il premio a Brendan Fraser, che con il suo The Whale, diretto da Darren Aronofsky, già premiato a Venezia, ha portato a casa il riconoscimento al Miglior attore, confermandosi il favorito per la corsa agli Oscar dopo avere vinto anche ai Critics' Choice Awards e agli Screen Actors Guild Awards. «Venendo a ritirare questo premio ho ripensato a questi ultimi anni, la parola che è tornata più spesso nella mia mente è stata fortuna - ha esordito Fraser - Perché mi ritengo fortunato come credo siano fortunati molti colleghi che, come me, vivono facendo una cosa che amano: i film. Ritengo sia un enorme privilegio anche la possibilità di essere di nuovo tutti insieme, nella stessa stanza, a festeggiare la settima arte. Anche ora che ci sono TikTok, Youtube e infinite piattaforme streaming, non c'è nulla che batta l'esperienza di un bel film visto al cinema».
Sembra quasi uno spot pubblicitario.
«Non vorrei suonare come una di quella voci alla tv che cercano di venderti un prodotto, ma credo sia vero. Nonostante i popcorn e gli snack che costano un patrimonio, non c'è nulla come sedersi in una stanza buia insieme a un gruppo di sconosciuti e guardare un enorme schermo, che per qualche ora riflette verso di noi uno spaccato di umanità. C'è un intero mondo di professionisti che vive solo per questo, dai set designer ai giornalisti, dagli attori ai tecnici. Siamo parte del business dei sogni».
E lei come giudica questa sua rinascita?
«Credo che se avessi fatto anche solo una delle esperienze che ho fatto, anche se fossi rimasto soltanto quel belloccio che recitava in La Mummia o George Re della giungla, anche se mi fossi fermato lì, penserei che la mia vita sia stata fantastica. So che ci sono tantissime persone di talento là fuori, con i miei stessi sogni, che hanno avuto meno fortuna. Tutti conosciamo qualcuno così. Sono uomini e donne che si trascinano dietro traumi, delusioni e dolore. Charlie, il personaggio che interpreto in The Whale, è uno di questi. La sorte lo ha abbandonato, in parte è responsabilità sua, ma per molti altri aspetti lui non ha fatto nulla per meritarsi la sua condizione. È intrappolato in un oceano di rimpianti e vorrebbe riuscire a fare almeno una cosa buona nella vita».
Pensa che in molti si potranno rivedere in Charlie?
«Credo che tutti noi vorremmo che la nostra vita avesse un significato. Chiunque vuole provare la sensazione di essere fortunato, essere l'eroe e conquistare quella balena bianca, almeno una volta nella vita. Ma è molto dura, credetemi, lo so bene. Per me l'incontro con Darren Aronofsky è stato un dono del destino, gli sarò eternamente grato perché mi ha permesso di interpretare il ruolo più importante della mia vita. Sono riconoscente anche verso Hong Chau, Sadie Sink e tutto il resto del cast, agli scrittori e ai tecnici, senza di loro questo sogno non sarebbe stato possibile».
Quando il film finisce, non si sa se piangere o essere felici. Cosa ne pensa lei?
«Alla fine di questa storia, la fortuna di Charlie cambia direzione. Trova il coraggio di fare quel passo avanti che cambia il significato della sua esistenza. La sorte si volterà di nuovo verso di lui. Con ogni grammo del mio enorme cuore di balena, auguro la stessa gioia a tutti coloro che si sono sentiti come lui, naufraghi in un mare di dolore. Il mio consiglio è: cercate la luce che meritate e camminate in quella direzione».
E ora ci saranno gli Oscar, per cui è favorito, come si sente?
«Per me è già stata una gioia ricevere la nomination. Finalmente i mie figli si sono ricordati di avere un padre attore. Quando erano bambini, nei periodi di vacanza, La Mummia veniva trasmessa in tv in continuazione.
Loro però non si rendevano conto che quello sullo schermo era lo stesso uomo che era in salotto in quel momento accanto a loro. Questa nomination è servita come promemoria per tutta la famiglia. Adesso papà è un tipo cool, vedremo quanto durerà».
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