Da Burioni a Doctor House: l’ipocondria di chi conosce (troppo) bene ogni malattia

Da Burioni a House, passando per diagnosi improbabili e bastoni con le fiamme: l’ipocondria diventa (quasi) divertente. E una lezione resta certa: “Non è mai lupus"

Da Burioni a Doctor House: l’ipocondria di chi conosce (troppo) bene ogni malattia
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Una volta Roberto Burioni mi ha detto: «Tu sei ipocondriaco, ma lo sono anche io. Solo che tu hai paura di una decina di patologie, io da medico di migliaia». Solo che Roberto non sa che io ho fatto sette volte il giro di tutta la serie di Doctor House (House MD), per cui di malattie ne conosco di rarissime, anche perché se arrivi a essere curato da House significa che nessun altro medico è riuscito a curarti.

Per cui quando mi trovo dai medici, in preda a una delle mie convinzioni di avere una malattia mortale, gli domando subito: «Non potrebbe essere Erdheim-Chester?». Tutti dicono: «Che?». «Oppure Guillain-Barré?». Diciamo la verità, di serie mediche ce ne sono state tantissime, da General Hospital a Grey’s Anatomy a E.R., ma nessuna è come House. Perché House, interpretato da un eccezionale Hugh Laurie, è cinico ma è bravissimo, il migliore. Non prova empatia con i pazienti perché trova sempre la cura (quando non è qualcosa di incurabile). «Lei non si fa mai vedere da nostro figlio» gli rimproverano i genitori di un paziente ricoverato. «No, perché non me ne frega niente». Loro basiti. «Il mio compito è curarlo, il vostro è coccolarlo. Fosse il contrario sarebbe un problema».

Ci si fida di lui perché è trasgressivo, è drogato di Vicodin e non solo perché gli fa male la gamba, perché gli piace. Non per altro House è ispirato a Sherlock Holmes: il suo stesso nome è stato scelto per assonanza con Home (casa), il suo migliore amico è l’oncologo Wilson (il cui nome inizia come Watson), e il numero civico di casa sua è il 22B, come quello di Sherlock.

È un peccato che la serie sia finita, io l’avrei voluta a vita. Non so Hugh Laurie, perché pur prendendo, all’epoca, un milione e mezzo a puntata, ancora oggi continuano a fargli domande di medicina su X, e si è stancato di rispondere «Non sono House!». Una volta ha risposto a uno: «Se non ho un copione intelligente al riguardo ne so quanto te». Però è stato così bravo da farci credere che House esista davvero. In fondo lo amo ma lo odio anche per questo.

Uno, un House, me lo sono trovato anche io, Daniele, eccezionale internista ospedaliero, anche un po’ stronzo come House, e fa le diagnosi come House, ma non vuole essere chiamato House, «perché House non esiste». Peccato. «Se non esiste puoi farlo esistere tu, no?».

In compenso la mia migliore amica Giulia Bignami mi ha regalato il bastone di House, quello nero con le fiamme, e ogni volta che viene a trovarmi Daniele lo supplico di fare una passeggiata su e giù per la sala con il bastone di House zoppicando come House, e Daniele mi vuole talmente bene che lo fa.

Non serve il camice, perché House non lo portava mai. Dopo la passeggiata zoppicante inizio a sommergerlo di domande su cosa potrei avere, con tutti i sintomi che mi sento sempre. Però, avendo studiato da Doctor House, almeno una certezza ce l’ho: non è mai Lupus.

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