Ucina, dalla Signora della «guerra» al Signore della pace

Cecchi, presidente designato: Carla Demaria ha difeso l'associazione con grinta e coraggio

Antonio Risolo

«Il mio Limite... è la mia forza». Dove per limite si intende Limite sull'Arno, culla della nautica fin dal 1600. Qui è nato e cresciuto Saverio Cecchi, presidente designato di Ucina Confindustria Nautica. Fiero delle proprie radici, si schernisce degli appellativi che di volta in volta gli vengono cuciti addosso: uomo della Provvidenza, traghettatore, tessitore, mediatore...

Chiamatelo come volete, ma Saverio Cecchi se ne ritaglia uno semplice semplice: «Un limitese al timone». Basta e avanza per capire il passaggio storico dalla Signora della guerra al Signore della pace: «Carla Demaria - dice Cecchi - si è ritrovata a combattere una battaglia ardua nei momenti più difficili e ha difeso l'associazione come una leonessa, con grande coraggio. Oggi siamo a un passo dall'obiettivo, bisogna smussare gli angoli, mediare le diversità. Chi ama la nautica ci dia una mano, stampa compresa».

Poi ricorda di aver lavorato con grandi predecessori, «ma rispetto a loro - aggiunge - ho un vantaggio: sono nato nei luoghi dove è nata la nautica. Nel 1600 a Limite si costruivano le barche dei pescatori. Poi fu la volta delle barche commerciali. Fino alla nascita dei grandi cantieri: Picchiotti, Cantieri di Pisa e Sanlorenzo per citarne alcuni. Oltre a portami dentro questa storia, posso vantare trent'anni di onorata militanza in Ucina, diventata grande durante la presidenza di Paolo Vitelli. Ho imparato molto da tutti i presidenti con i quali ho lavorato, ben sei, da Ceccarelli fino a Carla Demaria».

Se l'unità della nautica è il primo obiettivo del presidente designato - «mi sono candidato per questo» - Saverio Cecchi non si sbilancia sui tempi, ma ribadisce convinto che solo l'unità può dare una voce forte al settore in termini di credibilità nazionale e internazionale. Soprattutto nel complicato confronto con le Istituzioni. E poi, sottolinea, «il mercato ci sta dando una mano, è uno dei pochissimi settori che cresce a due cifre. Quale periodo migliore?».

Quindi unità costi quel che costi? «A mio avviso - conclude - la riunificazione non deve essere una forzatura, ma la convinzione di avviare un dialogo costruttivo dal quale emergano obiettivi comuni e, soprattutto, funzionali all'intero comparto. Su questo sono ragionevolmente ottimista: sento attorno un clima di fiducia e di stima. E sono amico di tutti... Perché sono sceso in campo? Perché credo di avere qualche chance in più. Ma attenzione, nel mio programma non c'è soltanto la riunificazione.

Ne parleremo dopo il 20 giugno» (data dell'investitura, ndr).

Sulla nuova squadra Saverio Cecchi se la cava così: «Ho un mese di tempo per pensarci... Ovviamente consultando tutti. Qualcosa ho già in mente, ma è prematuro parlarne».

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