Ue, Italia e Germania danno l’ultimatum a Blair

Alessandro M. Caprettini

da Roma

Prove tecniche di riconciliazione italo-tedesca dopo le burrasche per via della ristrutturazione del consiglio di sicurezza Onu, cui Berlino peraltro non rinuncia.
Arriva a Roma Frank-Walter Steinmeier, neo ministro degli Esteri e già eminenza grigia di Schröder (un po’ il Gianni Letta dell’ex-governo rosso verde) per incontrare Fini ed è buona sintonia a prima vista. «Italia e Germania sono due Paesi importanti dell’Unione - rammenta il nostro ministro degli Esteri - e non solo perché sono tra i soci fondatori. Un accordo tra noi è indispensabile se si vuole uscire dal vicolo cieco in cui siamo finiti».
Concorda Steinmeier e auspica che Blair, nel summit di metà dicembre, presenti una proposta per il varo del bilancio 2007-2013 che possa mettere d’accordo tutti. Ma lo scetticismo dei due non è che non emerga. Anzi, proprio quella di Londra, agli occhi dei due ministri degli Esteri è divenuta una posizione poco difendibile. Blair, a quel che si sa, insiste nel voler rivedere i costi della politica agricola per concedere lo stop al famoso «sconto inglese», cosa già difficilotta. E ancora, l’inquilino di Downing street non fa più alcun cenno al referendum sulla Costituzione europea che pure gli inglesi avevano messo in calendario. E su questo è proprio Fini che richiama l’attenzione: «Ci auguriamo - nota il titolare della Farnesina - che entro il 2007 tutti i 25 Paesi dell’Unione abbiano detto la loro sulla carta costituzionale». Non è solo un auspicio. È in certo modo una sfida, perché proprio nel 2007, dopo le elezioni politiche tanto in Francia quanto in Olanda, si potrebbero ripetere i referendum che hanno bocciato la nuova carta. Deciderà anche la Gran Bretagna - si è letto dietro le righe - o preferirà piuttosto far finta di nulla, rendendo ancor più difficili i rapporti che il trattato di Nizza (con la clausola dell’unanimità dei 25 su ogni decisione) già hanno complicato a dismisura?
La patata bollente più immediata, comunque, resta quello del bilancio pluriennale. «Non si possono deludere le aspettative dei nuovi 10 stati membri e occorre dimostrare che, pur in presenza di una situazione di stallo, la Ue continua a funzionare» ha avvertito Fini. «Speriamo in un accordo a dicembre» gli ha fatto eco Steinmeier. I due concordano sulla necessità di riprendere l’ipotesi messa a punto 6 mesi fa dal premier lussemburghese Juncker: «Aveva in sé le caratteristiche necessarie e sufficienti per un accordo equo, che caricava in modo responsabile sulle spalle di tutti il costo dell’allargamento, manteneva i fondi di coesione per le regioni che ne hanno necessità e metteva almeno in moto forme di correzione del rimborso britannico» ha spiegato Fini. Il suo neo-collega tedesco si è trovato d’accordo. Ma la situazione resta abbastanza complessa, tale da mettere a rischio l’ulteriore allargamento «visto che non ci sarebbero i fondi necessari».
Nel corso del loro primo giro d’orizzonte comune, i due ministri si sono poi trovati d’accordo anche sulla questione iraniana (dialogo sì, ma con la necessaria fermezza), sulle prospettive dei Paesi che componevano la Jugoslavia (che si auspica possano accelerare il loro ingresso nella Ue) e sulla necessità comunque di proseguire il confronto con la Turchia.

L’unico neo resta quello delle divergenze sulla ristrutturazione del consiglio di sicurezza dell’Onu. Steinmeier ha spiegato che Berlino non cambia: vuole un seggio permanente, ma la Merkel, a differenza di Schröder, non appare così determinata su questo obiettivo.

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