Lussemburgo - L’età pensionabile per le donne del settore pubblico in Italia deve essere portata a 65 anni entro il 2012. È quanto la vicepresidente della commissione Ue, Viviane Reding, ha detto al ministro del lavoro Maurizio sacconi, durante il faccia a faccia a Lussemburgo. "Il cambiamento nella legislazione italiana - ha spiegato il portavoce della commssaria Ue - potrebbe essere combinato con le misure di consolidamento di bilancio". E il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, conferma: "Con Bruxelles non c'è alcun margine di trattativa".
Le norme italiane Le norme messe a punto dal governo italiano e rigettate dalla Commissione europea prevedevano di portare l’età pensionabile delle dipendenti pubbliche da 60 a 65 anni entro il 2018. In questi ultimi giorni si stava lavorando ad un compromesso che riduceva il periodo di transizione portandolo al 2015. L’incontro tra il commissario Reding e il ministro Sacconi, tenutosi a Lussemburgo a margine del Consiglio dei ministri Ue dell’Occupazione, è durato poco meno di due ore. Intorno alle 15 è prevista una conferenza stampa del ministro Sacconi. "Siamo pronti a offrire all’Italia un periodo di transizione breve perché il 2018 è inaccettabile, può essere massimo di tre anni il che significa che la legge deve entrare in vigore ed essere applicata nel 2012", ha detto il portavoce precisando che entro i prossimi due mesi l’Italia deve dare risposte concrete di voler andare in questo senso altrimenti la procedura di infrazione continuerà.
Sacconi: "Nessun margine di trattativa" Sull’innalzamento dell’età pensionabile delle donne nel pubblico impiego "non c’è alcuno spazio di trattativa" con la Commissione Europea. Dopo l’incontro con il vicepresidente dell’Esecutivo europeo, Viviane Reding, il ministro ha spiegato che il governo "deciderà giovedì in Consiglio dei ministri cosa fare". Probabile che l’innalzamento dell’età pensionabile dal primo gennaio 2012, così come chiede la commissione Ue, entri nella manovra economica: "E' questo il veicolo che attualmente abbiamo a disposizione". Sacconi ha quindi spiegato come "non c’è aria di sconti: la posizione della Commissione Ue nel chiedere il rispetto della sentenza della Corte europea di giustizia Ue e nel rigettare ogni tipo di gradualità è molto ferma. La richiesta è quindi quella di equiparare l’età pensionabile tra uomini e donne nel settore pubblico al massimo entro il primo gennaio 2012".
A rischio pesanti sanzioni Il rischio, se l’Italia non dovesse adeguarsi in fretta, è quello di "pesanti sanzioni". "Siamo di fronte a un qualcosa che non dipende dalla volontà del governo", ha proseguito il ministro, rassicurando, comunque, come «la sentenza della Corte Ue si limita al settore pubblico e non tocca minimamente nè potrà riguardare il settore privato". Sacconi ha quindi spiegato che l’innalzamento immediato dell’età pensionabile delle donne della pubblica amministrazione "avrebbe sulla manovra economica un’incidenza molto modesta e contenuta, visto che le donne interessate dal cambiamento delle norme sarebbero solo 30.000 il primo anno. Dobbiamo comunque ancora fare i conti". Per il ministro sarà il Cdm a decidere dove inserire le norme, "ma è chiaro che la manovra economica è il veicolo più immediato e tempestivo" attualmente a disposizione del governo. Il ministro ha detto di aver già informato il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e il ministro per la funziona pubblica, Renato Brunetta. Ha quindi assicurato che nei prossimi giorni saranno sentite le parti sociali. E a proposito della possibile reazione dei sindacati ha affermato: "Non conviene mai scioperare contro la pioggia".
Pd: "Non strumentalizzare" Il Pd invita il Governo a "non strumentalizzare il richiamo della Ue" per intervenire sulle pensioni. "Il governo, per le pensioni delle lavoratrici del pubblico impiego, ha trovato una soluzione respinta dall'Ue. Non vorremmo che adesso strumentalizzasse il richiamo dell`Europa per anticipare al 2012 la misura dei 65 anni per le donne della pubblica amministrazione. L'Ue - sottolinea l’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano- non ci ha chiesto i 65 anni ma di equiparare le condizioni di lavoro di uomini e donne".
"Meglio sarebbe - conclude il capogruppo Pd in commissione Lavoro della Camera - una misura di base uguale per tutti, 61 o 62 anni (come succederà con la riforma Prodi-Damiano nel 2013) a partire dalla quale inserire il principio di un'uscita flessibile, fino ai 70 anni, liberamente scelta da lavoratrici e lavoratori".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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