Un richiamo all’ordine e un appello a far partire con le lezioni con "le risorse disposnibili". Ieri il senato accademico dell’Università degli studi ha sollecitato "le facoltà che ancora non hanno potuto farlo, di mettersi nelle condizioni di dare inizio entro la settimana dall’11 al 15 ottobre dei corsi di studio che fanno loro capo, in base ai calendari delle lezioni predisposti dai Presidi, usufruendo delle risorse di docenza disponibili". In particolare sono le facoltà scientifiche, ovvero Farmacia, Agraria, Scienze e Veterinaria ad aver postcipato l’inizio dei corsi per le proteste dei ricercatori al ddl Gelmini. A Veterinaria il via è stato posticipato al 18 ottobre, ad Agraria l’11, Scienze al 4, più in ritardo Farmacia, che ha rimandato di quasi un mese l’avvio delle lezioni, il 25 ottobre, con una «delibera assunta all’unanimità dal corpo docente con il sostegno rappresentanti degli studenti» come recita la nota.
Nel mirino del documento in particolare le facoltà di Scienze e Agraria, per le quali il calendario è stato comunicato solo in forma ufficiosa, per così dire. Tra le righe dunque il pressing ai presidi delle due facoltà perché le lezioni inizino effettivamente nelle date indicate. Niente da fare, invece, per Farmacia, su cui il Senato accademico si è solo limitato a prendere atto della data del 25 e dove la protesta dei ricercatori ha raccolto oltre l’80% delle adesioni (i bandi sono andati tutti deserti), e Veterinaria. Ampio seguito anche ad Agraria con il 75% del consenso e Scienze con oltre il 70%.
Cosa accadrà ora? La protesta è legata al doppio filo al destino del ddl Gelmini: se verranno accolte le richieste di modifica avanzate dai ricercatori, la situazione dovrebbe rientrare, altrimenti è impossibile dirlo, anche tra se tra i "ribelli" si pensa che l’approvazione del testo spegnerà la vis polemica. I presidi di facoltà d’altronde hanno le mani legate: non possono precettare i ricercatori che fanno lezione perchè su base volontaria (ad eccezione delle 20 ore di didattica previste dalla legge). In alcuni casi, come a Medicina, si è deciso di "congelare" i corsi in attesa di conoscere l’esito del disegno di legge Gelmini.
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