Unicredit, ultimatum dalla Polonia

Piazza Cordusio: siamo in regola, resisteremo a ogni pressione. Profumo a Bruxelles incontra Kroes e McCreevy

da Milano

Se mai toni concilianti vi sono stati, questi appartengono al passato, quello degli affari in comune: ora, tra Unicredit e il governo polacco è guerra aperta. Pur essendo sub judice Ue, Varsavia è passata ieri alle minacce: tre mesi, non di più, sono stati concessi all’istituto milanese per liberarsi delle azioni Bph, la pietra dello scandalo. In caso contrario, la privatizzazione di Pekao, ovvero della banca destinata a fondersi con Bph per dar vita al primo gruppo creditizio del Paese dell’Est, verrebbe invalidata. Un vero e proprio aut-aut di fronte al quale Piazza Affari ha preso paura, con il risultato che i titoli Unicredit sono scesi del 2,43%.
Tira insomma una brutta aria, motivo quanto mai valido per volare a Bruxelles come ha fatto ieri l’amministratore delegato dell’istituto, Alessandro Profumo, per incontrare il commissario europeo per la Concorrenza, Neelie Kroes, e anche quello al mercato interno, Charlie McCreevy. I contenuti dei colloqui non sono trapelati, ma è evidente che Profumo ha voluto ribadire la volontà di respingere ogni tentativo di pressione da parte del governo di Varsavia. Con il crescere della tensione tra le parti, il compito della Commissione Ue si fa delicato. Jonathan Todd, portavoce della Kroes, ha spiegato ieri che Bruxelles «si esprimerà al più presto possibile» pur non avendo preso «alcuna decisione sul caso».
In realtà, l’Unione ha già preso posizione: prima approvando l’operazione che ha portato Unicredit al controllo di Hvb, l’istituto tedesco cui fa capo Bph; e, successivamente, richiamando la Polonia al rispetto delle norme sulla libera circolazione di capitali. Varsavia rischia una procedura d’infrazione che potrebbe sfociare in una causa davanti alla Corte di Giustizia del Lussemburgo, ma non sembra particolarmente preoccupata. Anche perché, secondo alcune indiscrezioni circolate nei giorni scorsi, la Polonia potrebbe a sua volta citare in giudizio la Commissione Ue per aver autorizzato Unicredit a rilevare Hvb.
Tutto ruota attorno al patto sottoscritto nel 1999 con cui Unicredit si impegnava a non effettuare altre operazioni in Polonia dopo aver messo le mani su Pekao. Piazza Cordusio considera non valido l’agreement perché in violazione con la normativa europea; Varsavia la pensa diversamente. «Se Unicredit - ha detto ieri il viceministro del Tesoro, Pawel Szalamacha - non venderà tutte le azioni Bph entro tre mesi, allora sarà de facto invalidato il contratto di privatizzazione del 1999 e dovrà restituire al Tesoro le azioni Pekao». Ricevendo in cambio, a sei anni di distanza, la stessa cifra pagata allora per il 52,9% di Pekao. Senza un centesimo di interessi.

«Unicredit resisterà a ogni tentativo di annullare il contratto di privatizzazione», è stata la risposta dell’istituto. Sorpreso per il silenzio opposto dal Tesoro polacco alla proposta di un incontro. Le parti restano distanti, la guerra continua.

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