Unione, Prodi cede a sinistra Nel programma le unioni gay

Unione, Prodi cede a sinistra Nel programma le unioni gay

Roberto Scafuri

da Roma

Contro il «tridente» della Cdl, l’Unione va in ritiro nella secentesca dimora dei conti Donini a San Martino in Campo, un tiro di schioppo da Perugia. Residenza di lusso, con affreschi della scuola del Perugino, antica scuderia per il cambio dei cavalli e romantico parco secolare di 22mila mq. Oasi di pace per sciogliere beghe di spogliatoio e decidere finalmente il modulo di gioco. Lo schema «danese» realisticamente è già sorpassato. Si prova all’«olandese», potrebbe finire all’«ungherese» di vecchia memoria: un faro in mezzo, Romano Puskas-Prodi, e tanto movimento attorno (modello enfatizzato dalle primarie). Due rivoltosi hanno disertato polemicamente il ritiro (Boselli e Mastella), uno si profila come nuovo caso Cassano (Di Pietro). Lui vuole giocare nell’Ulivo, la squadra risponde con il silenzio-rigetto, arma tra le più odiose.
Gli altri sette leader da ieri si affannano sulle 350 pagine scritte in 12 tavoli preparatori. Troppe persino per un centromediano metodista come Prodi. Si profila il male oscuro del programmismo, aggravato da scelte economiche troppo liberali o troppo dirigiste, a seconda dei punti di vista. Opportunamente il discorsetto del mister-giocatore ha fatto della debolezza una forza: «Il programma è un momento di unità - ha detto Prodi -, soprattutto dopo questa riforma della legge elettorale che ha scomposto il Paese e rende convenienti atteggiamenti centrifughi e di separazione... Abbiamo trovato nelle relazioni grandissimi punti di convergenza, i punti in sospeso sono pochi». Tali resteranno dopo il ritiro, perché la digestione vuole il tempo che vuole.
Ciononostante Prodi non ha esitato a mettere sul piatto una tenue minaccia di ritiro: «Mi accingo a questa sfida solo se è possibile riformare profondamente l’Italia». Si è cominciato così dai temi sui quali - al di là delle baruffe ad uso della stampa - l’accordo è pronto da tempo. «Immediatamente dopo le elezioni presenteremo un calendario per il ritiro dall’Irak, è stato raggiunto un accordo tra tutti i presenti», è corso ad annunciare una prima volta il mister. Precisando che il calendario sarà «concordato con il governo iracheno, com’è ovvio».
Seconda convergenza scontata (e secondo annuncio) sui Pacs: «C’è stato l’accordo per il riconoscimento dei diritti privati e pubblici delle unioni civili e in questo senso si sono compiuti passi avanti: per evitare equivoci non è stato usato volutamente il termine Pacs». Il verde Pecoraro Scanio, punta di smeraldo della squadra, ha giustamente chiarito che «le chiamiamo unioni civili, ma la sostanza è la stessa». Tesi utilizzata dal mastelliano Fabris (Udeur) per disconoscere l’intero programma, tramite agenzie di stampa. «Ambaradan» di dichiarazioni che ha portato i leader a correre ai ripari. «Mai usato il termine Pacs», ha giurato Prodi. «Noi dobbiamo regolamentare le unioni di fatto - ha spiegato Rutelli -, non solo quelle tra omosex, ma anche tra eterosessuali, che sono la maggior parte». «Nulla a che vedere con il matrimonio riconosciuto dall’articolo 29 della Costituzione - ha aggiunto il rifondatore Pisapia -. Ci sarà solo la regolamentazione giuridica delle unioni giuridiche con il riconoscimento dei diritti e dei doveri, all’interno delle coppie e fuori».
Sulla questione del «testamento biologico» ancora Prodi ha annunciato la terza buona novella: «Abbiamo trovato un accordo, scindendo completamente dall’eutanasia». Ispirandosi cioè, hanno precisato Prodi e Rutelli, all’orientamento «unanime» della Commissione nazionale di bioetica. Voci di clan hanno teso a smorzare tanto entusiasmo. Su Rai e sviluppo si approfondirà oggi. Ma Bertinotti ha valutato con molta soddisfazione tanto il punto sull’Irak che quello sul prolungamento dell’obbligo scolastico a 16 anni, che «colpisce al cuore la riforma Moratti». Ulteriore, quarto accordo annunciato da Prodi è stato quello sulla parte istituzionale: modifiche all’art. 138 della Costituzione in senso restrittivo, radicale delegificazione, soltanto due tornate elettorali in ogni legislatura, parificazione di tutte le leggi elettorali regionali.
Fatalmente, con l’arrivo di Di Pietro e con la diserzione di Udeur e Rosa nel pugno, tornerà a essere centrale il tema del posto in campo. «Non si può discutere di programma senza che ci sia una squadra, sono qui per parlare di liste», è stato il saluto dell’ex Pm.

Anche Pecoraro Scanio ha fatto pressing perché l’Unione si presenti «con liste le più aggregate possibili al Senato, visto che lì rischiamo di avere un pareggio o comunque una vittoria ridotta». Non fidandosi delle chiacchiere, Mastella invece si riserva di giocarsi una sola partita per tutte e concedere il sì al programma in cambio di liste adeguate alla bisogna.

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