Si avverte una strana euforia per l'euro. E nessuno parla e scrive di grivna e zloty. Trattasi delle monte in circolazione in Ucraina e Polonia, paesi ospitanti il campionato europeo che improvvisamente si illumina di immenso. Tutti a titolare e giocare con l'eurozona, l'eurobond, l'euro che, visti i tempi che corrono, ha smarrito la consonante iniziale, enne, dunque neuro. Perché qui abbiamo perso non soltanto la consonante ma il senso del comune sentire. La nazionale italiana, quella greca, quella spagnola ritrovano nel football l'orgoglio svergognato in economia, l'Unione Europea se ne frega delle tattiche e dei quattrotretre, impone le sue leggi, drizza le banane, misura le carote e le zucchine e ne fa l'uso che ritiene opportuno con noi poveri cittadini del continente che dicesi vecchio, e si capisce perché.
Panem et circenses, ci risiamo, il calcio dovrebbe servire al riscatto mentre per il resto l'esistenza nostra va a ramengo, le tasse fanno classifica, navighiamo in zona salvezza, qualche governante pensava di trovarsi in zona Champions. Balle. Così come il gioco degli azzurri: sofferenza eterna, seguendo i viziacci del Paese. Una teoria americana del dopoguerra, sosteneva che noi italiani viviamo under performance, insomma potremmo spassarcela con il ben di Dio che abbiamo in casa ma finiamo la giornata con le pezze al sedere e la lingua penzoloni. Ultimo minuto dell'ultimo giorno di scadenza per pagare le varie bollette, telefono, luce gas e varie, ultimo giorno per sbrigare le faccende di ufficio e di casa, ultimo minuto per caricare i bagagli e ultima goccia, con luce rossa di riserva, per fare il pieno.
Non trovate nessun aggancio con il cammino della nostra nazionale di football? Beh, direi tale e quale. Prima ce la giochiamo bene contro la Spagna, poi partiamo alla grande con la Croazia, quindi sentiamo un sibilo, abbiamo una gomma bucata, l'auto prende a zigzagare, il volante trema come il nostro cuore, giochiamo contro gli irlandesi che sembrano improvvisamente brasiliani, argentini, il meglio del meglio. Siamo spacciati, la valigia è pronta in camera, telefonata a casa, stiamo rientrando, fine dell'avventura, che vergogna. Ma ecco il colpo di scena, Cassano prima e Balotelli dopo, viva l'Italia, fuori le bandiere, via i pomodori, ci siamo, riapri il bagaglio, restano delusi i famigliari e parenti in attesa all'aeroporto. No, attenzione, ancora qualche attimo di panico, forse la Croazia ha pareggiato, il tam tam non è chiaro, il biscotto ritorna in tavola. Falso avviso, è fatta. Dunque la fotografia finale è sempre la stessa, tormento ed estasi, come nei drammoni del cinema italiano dei favolosi anni Cinquanta.
Adesso fino a domenica, giorno dei quarti di finale o la va o la spacca, abbiamo altri almanacchi da stampare e altri titoli da comporre.
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