In Usa i jazzisti fanno gli indignados: «O ci date la pensione o niente musica»

Oltre 8mila musicisti sul piede di guerra contro i proprietari dei club più famosi. Motivo: vogliono un adeguamento dei contributi versati dai proprietari nei fondi pensione e un salario minimo, così come spetta da altre categorie di artisti. E pur di raggiungere l'obiettivo sono pronti a far passare il Natale sotto silenzio

I jazzisti newyorkesi, da Harlem in giù, sono sul piede di guerra contro i proprietari dei famosi club della Grande Mela, quelli dove si sono esibiti i musicisti che hanno fatto la storia del genere musicale.
Sotto le direttive del sindacato Local 802, gli artisti hanno incrociato le braccia manifestando davanti allo storico «Blue Note», nel Greenwich Village, al grido di «giustizia per i musicisti jazz». Gli oltre 8.000 iscritti vogliono un adeguamento dei contributi versati dai proprietari nei fondi pensione e un salario minimo, così come spetta da altre categorie di artisti. Secondo quanto riportato dal «New York Times» infatti i jazzisti sono il gruppo più bistrattato, e poco importa se tra loro ci potrebbero essere gli eredi di Dizzy Gillespie o di Miles Davis.
Il disaccordo tra i leader sindacali e i proprietari dei club risale al 2005, quando i primi hanno aderito alla richiesta degli imprenditori allo Stato di New York: ridurre le imposte sui biglietti di ingresso. Le associazioni dei lavoratori appoggiarono la proposta, chiedendo che però i soldi risparmiati fossero utilizzati per pagare i fondi pensionistici e sanitari per i jazzisti. L'agevolazione fiscale è stata approvata nel 2006, ma cinque anni dopo nessuno dei locali ha ancora firmato un accordo di contrattazione collettiva e rimangono divisi sui diritti dei musicisti, anche perchè ritengono che a risparmiare siano i clienti e non chi possiede un night club.
Alcuni di loro sostengono che la maggior parte degli artisti preferirebbe ricevere una somma extra per la prestazione, invece che un adeguamento della pensione. Altri sono favorevoli alla richiesta in linea di principio, ma la ritengono di difficile attuazione e credono che si dovrebbe raggiungere un accordo di massima con tutti i locali, a prescindere dal genere musicale.
Lorraine Gordon, del Village Vanguard, storico locale dove ancora risuonano le note del sassofono di John Coltrane, ha detto di aver sostenuto la protesta delle pensioni, ma che ora i margini di guadagno sono troppo risicati per poterla mettere in pratica.

Nessun commento arriva invece dai proprietari del «Blue Note», dove è iniziata la protesta. Nel caso non si raggiunga un accordo, i musicisti potrebbero decidere di prolungare la serrata ed il Natale newyorkese rischia di rimanere senza una delle più importanti colonne sonore.

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