Tremonti ha ragione a rivalutare l’importanza del posto fisso e a sostenere che esso è per le famiglie un importante valore. Io aggiungo che è un valore anche per le imprese. Ma prima, mi pare necessario mettere alcuni puntini sulle i perché le frasi appassionate del ministro Tremonti e la brillante spiegazione di Marcello Veneziani della validità generale di questa tesi, rischiano di essere fraintese. E già mi pare lo abbia frainteso il segretario generale della Cgil Epifani.
La prima puntualizzazione riguarda l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori che è stato troppe volte interpretato, anche tramite sentenze sballate, come un baluardo di salvaguardia del posto di lavoro fisso a favore dei fannulloni, degli assenteisti, dei ladri condannati in primo grado e in attesa di condanna definitiva. Essi debbono poter essere licenziati, per la semplice ragione che sono venute meno le ragioni del contratto a tempo indeterminato. Fra le quali è fondamentale il reciproco rapporto di fiducia.
La seconda puntualizzazione riguarda la tesi che, mentre il contratto di lavoro con il posto fisso è un valore, il contratto a breve termine sia solo e sempre una necessità da tollerare in mancanza di meglio ed esso può essere un valore sia pure meno grosso di quello del posto fisso. Il valore vero per il singolo e per la società è la libertà di contratto, la madre di tutti i valori, grandi e piccini. Da questo punto di vista sarebbe deprecabile che si utilizzasse l’affermazione che il posto fisso è un valore importantissimo per la famiglia per chiedere di tornare indietro rispetto alla liberalizzazione dei contratti di lavoro attuata con la legge Treu e poi con la legge Biagi. Queste consentono alle imprese e ai titolari di attività di lavoro autonomo di offrire a chi cerca un lavoro o diversi tipi di rapporto contrattuale. E non sempre il lavoro a breve termine è considerato dall’aspirante lavoratore come una necessità a cui sottostare anziché come la soluzione preferita. Lo studente che fa un lavoro part time in attesa di laurearsi non desidera impegnarsi in esso continuativamente. Il contratto di lavoro parasubordinato spesso è un «secondo lavoro» rispetto a una attività professionale o commerciale propria. E così via. D’altra parte le imprese prima di dare il posto fisso a una persona, desiderano vedere come lavora, se riesce a imparare ciò che gli si insegna, se è la persona giusta al posto giusto. Ma anche un giovane può desiderare di verificare se un certo lavoro gli piace, prima di impegnarsi in esso definitivamente.
Dunque anche nel posto variabile e non solo in quello fisso, vi è un valore rilevante. Del resto nessuno nega che avere una autovettura di media cilindrata per la famiglia sia una comodità, spesso indispensabile, ma ciò non toglie il valore di un agile motorino o di una vetturetta con cui ci si può spostare più facilmente nei percorsi brevi. Perciò no al contratto unico, valido per tutti, sì alla varietà e libertà dei contratti. Non a caso Biagi voleva che dallo «statuto dei lavoratori» si passasse allo «statuto dei lavori».
E ancora, non si usi la tesi che il posto fisso è un valore per sostenere, come ho letto in qualche commento sbagliato, che il contratto a termine non vada o, peggio, che non sia accettabile il contratto di part time o di lavoro stagionale. Infatti, un contratto con un termine medio è un posto semifisso e un contratto con un termine lungo è un contratto fisso. Il part time può assumere la natura di contratto a medio termine, a lungo termine o a tempo indeterminato e così il contratto di lavoro stagionale. Ma non bisogna confondere il contratto con posto fisso col contratto rigido. La flessibilità dei contratti vale anche e soprattutto per quelli con posto permanente. Che non vuol dire retribuzione indipendente dal lavoro svolto o orario di lavoro e sede immutabile. Ed ecco che così, se c’è la flessibilità, avere soprattutto lavoratori col posto fisso è un valore anche per l’impresa. Essa investe nel capitale umano e non lo vuole perdere e cerca quindi di fidelizzarlo. Si potrebbero fare delle ottime auto o degli abiti di qualità con lavoratori che cambiano sempre, non sono specializzati e ignorano il modo di lavorare dell’azienda? Un’impresa di costruzioni ha bisogno di una consistente parte di lavoratori fissi, il suo patrimonio vero, a cui aggiunge di volta in volta quella variabile in relazione ai cantieri che ottiene.
Dunque evviva il posto fisso, ma soprattutto evviva la libertà di contratto e il contratto legato alla produttività.
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