nostro inviato a Ancona
Chi l’avrebbe detto: Vasco Rossi è favorevole al nucleare. E immaginate la sorpresa dei pasdaran integralisti che lo hanno iscritto a scatola chiusa nell’intellighenzia progressista. Invece no. L’altra sera in camerino dopo il (bel) concerto nello Stadio Conero, Vasco si è messo a parlare a trecentosessanta gradi di tutto, pure dei referendum e se ne è uscito con un testuale: «La Francia ha le centrali nucleari vicine ai nostri confini quindi… E poi noi compriamo elettricità anche da loro, spendendo un sacco di soldi. Perciò sì, io sono per il nucleare». Poi, attenzione, ha spiegato di essere contrario alla privatizzazione dell’acqua («Non mi piace che chi è ricco potrà bere e chi è senza soldi rimarrà a bocca asciutta») e si è mostrato vago assai sul legittimo impedimento. Meglio parlare di Berlusconi: «L’ho conosciuto ai tempi delle tv, personaggio simpatico. Poi l’ho perso di vista». Adesso durante i concerti lo cita al posto di Boncompagni nel testo di Delusa (che diventa: «E sì che il gioco è bello così, solo guardare, però quel Berlusconi lì...») e sostanzialmente critica «chi ha una carica istituzionale e si comporta in modo che rischia di far perdere rispetto per quella carica». Ma nel complesso è un Vasco Rossi assai equilibrato, molto distante dai toni estremi che talvolta gli hanno appioppato per convenienza.
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