In un servizio del Tg2 nei giorni del Conclave del 2013, si vede l'allora cardinale Jorge Mario Bergoglio avvicinarsi all'ingresso del Petriano per partecipare alle congregazioni generali. Senza zucchetto rosso, col viso un po' imbronciato, l'allora arcivescovo di Buenos Aires non destò l'attenzione dei giornalisti assiepati attorno al colonnato. Solo il vaticanista Lucio Brunelli profetizzò che mentre passava "quasi inosservato" dalla stampa, Bergoglio non sarebbe passato inosservato in Sistina. Ed in effetti andò così tanto da essere eletto al soglio pontificio dopo cinque scrutini.
Elezione non scontata
A differenza di Joseph Ratzinger nel 2005, Bergoglio non era tra i favoriti nel 2013. É vero che fu il secondo candidato più votato per la successione a Giovanni Paolo II, ma otto anni dopo la carta d'identità giocava in suo sfavore: veniva, infatti, ritenuto improbabile eleggere un Papa troppo anziano dopo che la clamorosa rinuncia di Benedetto XVI era arrivata per ingravescentem aetatem. L'arcivescovo di Buenos Aires aveva già 76 anni ed entrava nella Cappella Sistina da dimissionario - avendo già superato la canonica età dei 75 anni per un vescovo - seppur prorogato nel suo incarico da Ratzinger.
Sfida a due
Dai resoconti circolati sul Conclave del 2013 è possibile ricostruire che già dal primo scrutinio si venne a creare una spaccatura tra i cardinali italiani che non sostennero all'unanimità la candidatura di continuità più forte, quella dell'arcivescovo di Milano Angelo Scola. I ventidue voti che avrebbe ricevuto il canadese Marc Ouellet, già all'epoca prefetto della Congregazione per i vescovi dalla quale è andato in pensione a gennaio, dimostravano una resistenza in Curia sul nome di Scola. Al tempo stesso, quasi otto anni dopo l'ultimo Conclave in cui era stato protagonista, Bergoglio fu in grado di raccogliere sin da subito un ragguardevole consenso, collocandosi probabilmente secondo dietro all'arcivescovo di Milano.
Contrariamente alle aspettative, però, nel secondo scrutinio non ci fu un prevedibile travaso di voti da Ouellet a Scola: ognuna delle due parti, infatti, rimase sulle due posizioni mentre Bergoglio trovò nuovi voti da chi aveva scelto in precedente altri candidati e si piazzò in testa. Dal secondo scrutinio in poi, dunque, divenne evidente che il cardinale argentino sarebbe stato l'uomo da battere.
Quei tentativi per impedirne l'elezione
La figura di Bergoglio era conosciuta soprattutto ai cardinali che avevano partecipato al Conclave precedente. Tra questi, infatti, c'erano i suoi principali sostenitori: l'honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga e il brasiliano Cláudio Hummes. Ma c'era anche chi, secondo diverse ricostruzioni, cercò di convincere i confratelli a non eleggere il gesuita. Secondo l'approfondito racconto di quei giorni fatto dal vaticanista Gerard O'Connell, il cardinale di Colonia Joachim Meisner, già pope-maker di Benedetto XVI nel 2005, sarebbe stato visto fuori la sua camera a Santa Marta mentre cercava di convincere alcuni cardinali a desistere dall'intenzione di votare per Bergoglio perchè "troppo vecchio" e convergere, invece, su Ouellet.
Meisner, amico personale di Ratzinger al punto da essere uno dei pochi a dargli del tu, è stato uno degli autori dei Dubia e morì all'indomani di una telefonata con quello che ormai era il Papa emerito nella quale aveva manifestato tutto il suo malcontento per la decisione di Francesco di sostituire il cardinale Gerhard Ludwig Müller da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.
La salute del futuro Papa
Quando in Sistina si capì che per l'arcivescovo di Buenos Aires si avvicinava l'elezione al soglio pontificio, non si fermarono i tentativi di far cambiare idea ai cardinali suoi sostenitori. Quella che il cardinale Maradiaga ha definito "propaganda negativa" è un grande classico dei giorni del Conclave nel tentativo di far calare le chances dei papabili. Anche Bergoglio, così come Scola - forse in maniera determinante - e gli altri nomi più accreditati ne furono vittime nel 2013.
Sul cardinale argentino, in particolare, cominciarono a circolare voci relative a suoi problemi di salute dovuti all'assenza di un polmone. Il rumor fu così forte da spingere proprio l'honduregno a prendere di petto la situazione e a chiedere al diretto interessato nel corso di un pranzo a Santa Marta quale fosse la verità. Bergoglio reagì sorridendo e rassicurandolo sul fatto di aver subito in gioventù l'asportazione della parte alta di un polmone. A quel punto, ha raccontato Maradiaga, si alzò di tavolo in tavolo a dire: "quelli di voi che dicono che Bergoglio ha un polmone solo sono sulla strada sbagliata". Anche il cardinale spagnolo Santos Abril y Castelló trovò il coraggio di fare la stessa domanda al futuro pontefice, che negò anche con lui di non avere un polmone e spiegò dell'operazione risalente a quando aveva 21 anni.
Le accuse e la risposta
Quella della salute cagionevole non fu l'unica voce su cui una parte degli oppositori di Bergoglio cercarono di far leva nei giorni che precedettero la fumata bianca. Sempre Gerard O'Connell ha raccontato nel suo The Election of Pope Francis: An Inside Account of the Conclave that Changed History di come un cardinale anonimo andò dal tedesco Karl Lehmann per rilanciare la tesi di una presunta ambiguità di Bergoglio con la dittatura argentina degli anni '70.
Un'accusa di cui per anni è stato sostenitore il giornalista Horacio Verbitsky e che è sempre stata nettamente respinta da Bergoglio. Anche in quel caso, Lehmann andò a chiedere delucidazioni al suo confratello brasiliano Hummes che gli replicò, dicendo "è tutto falso!".
Proprio l'arcivescovo emerito di São Paulo, morto lo scorso luglio, fu l'uomo che era accanto a Bergoglio in Sistina e fu l'ispiratore del nome da lui scelto, quando ad elezione avvenuta gli sussurrò all'orecchio: "non dimenticarti dei poveri".
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