Lasciamogli fare il Papa. In fin dei conti se non è lui a dire che cosa è «peccato» e a intimare di non commetterne, chi ha la licenza per farlo? Non mi viene in mente una parola legata più di questa alla qualifica di autorità morale che interpella la coscienza personale di ciascuno. E chi se non questo prete argentino ha tale potere? Esercitandolo svolge un compito essenziale anche per chi credente non è. Ci ricorda che da qualche parte in noi è nascosto, più o meno arrugginito, quell'attrezzo misterioso che possiede la libertà di dire sì o no, e sceglie tra ciò che è giusto e sbagliato. Può essere una cattiva coscienza, ma ci accorgiamo tutti improvvisamente di averla quando sentiamo il Papa chiamare «grave peccato» la decisione di respingere i migranti che, da irregolari e perlopiù finti profughi, cercano di raggiungere il nostro Paese. Non è che la domanda riguarda solo i governanti o i legislatori. Prende anche noi delicatamente per la collottola. Non siamo d'accordo? Nessuno è obbligato a essere cattolico, e sono certo che Bergoglio alias Francesco rispetti la libertà di coscienza anche dei cattolici, i quali ritengano, con argomentazioni razionali, di dover salvare vite umane e di far del bene proprio bloccando partenze temerarie, le quali provocano morti su morti.
Inutile che la sinistra si appropri del papa e la «mia» destra lo assuma ciascuna eleggendolo a loro rispettivo leader máximo: Bergoglio ha la vocazione di scombinarne i calcoli. Forse però i progressisti, detenendo le chiavi dei mass media dominanti, hanno buon gioco a occultare quel che non gli garba dei pronunciamenti pontifici. La tecnica è elementare: quando Sua Santità ne contraddice i principi di fondo, stanno zitti, fingono di considerarlo un episodio minore, in fondo qualcosa a cui il vescovo di Roma è obbligato dalla tradizione, ma senza che ci creda davvero neppure
lui. Un optional, mentre il motore sarebbe di sinistra. Balle, e lo proverò tra poco, anche se destra e sinistra sono categorie miserabili al riguardo.
Io ritengo che sia sempre benedetto anche se non sedicesimo, perché costringe a ragionare. Ci prova da due anni e mezzo con i suoi appelli per la pace, che non sono affatto tiritere da pacifista ingenuo od opportunista, ma siccome scuotono tutti, per non farsi mettere in crisi, sono catalogate come utopie irricevibili. Francesco chiama peccato contro l'umanità le aggressioni guerresche (russe) ed è solidale con le vittime innocenti ucraine, ma denuncia anche con parole dure chi non cerca ogni strada per fermare le «inutili stragi» (anche di soldati, di tutte le parti in conflitto: sono persone pure loro), invitando a non credere alla «favola di cappuccetto rosso» (parole sue) per cui bisogna sempre individuare il lupo cattivo e non fermare le ostilità sanguinarie fino a quando il cacciatore non lo uccide.
Avendo avuto l'opportunità di incontrarlo da vicino quando ha ricevuto editori e dirigenti giornalistici del Giornale, ho assaggiato la sua forza. Avevo di fronte un uomo, Bergoglio, che crede a quel che dice, si versa tutto, senza retropensieri, negli occhi e nel cuore di chi ha davanti. Si capisce che è disposto a pagare qualsiasi prezzo per testimoniare ovunque, come già Wojtyla e Ratzinger, le proprie convinzioni disarmate. Perché diavolo altrimenti un vecchio di 87 anni dovrebbe vestirsi di bianco, mettersi la papalina in testa, e andare in giro per il mondo con la sciatica, un polmone solo, un intestino dimezzato dopo il tumore al colon, se non avesse qualcosa di urgente da comunicare, a proposito di Vangelo e dintorni? Domani parte per l'Asia e l'Oceania, ci sta per 15 giorni girovagando tra Indonesia, Nuova Guinea, Timor Est e Singapore, e non penso usi la Guida Michelin: quella la lascia ai soli uomini vestiti di bianco autorizzati a pontificare, gli chef, e ai loro milioni di seguaci intorpiditi dalla curcuma e dallo zenzero.
Tranquillizzo i miei fratelli atei: non ho intenzione di convertirmi. Sui migranti ho già detto: non concordo, e ritengo esista il principio liberale per cui sia un obbligo dello Stato difendere i confini e di ogni nazione affermare la propria identità sovrana. Sull'eutanasia dissento in pieno da Bergoglio, in nome della libertà e del diritto di non soffrire. Sulla guerra ho già confessato di essere un seguace di Francesco sulla base del buon senso. E ne dico altre due di questioni che mi trovano concorde, e che una volta prese sul serio letteralmente scardinano l'ideologia su cui si fondano oggi tutti i partiti di sinistra dell'Europa in generale (compreso il Ppe, inclusa Ursula von der Leyen, caro Tajani) e dell'Italia in particolare (Schlein, Bonino, Salis, Calenda). Vale a dire l'aborto come diritto, e «la teoria del gender», secondo cui si ha l'obbligo di insegnare ai bambini che il loro sesso non è naturale, come verità da insegnare nelle scuole e da far valere come unico pensiero legale. Ho rintracciato per sbaglio le ultime dichiarazioni del Papa in materia. Non in un discorso scritto, ma pronunciate con fatica, strappandosele dal petto. Potete ascoltarle su internet (su Google basta digitare papa Francesco gender ideologia).
Le trascrivo: «Oggi il pericolo più brutto, più brutto (due volte) è l'ideologia del gender, che annulla le differenze. Cancellare le differenze (tra maschio e femmina) è cancellare l'umanità». Da ateo auspico: Dio ce lo conservi.
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