Sì al vescovo scelto dalla Cina, ma il Vaticano avverte: "Nomine siano concordate"

Pechino aveva voluto Giuseppe Shen Bin alla guida della diocesi di Shangai unilateralmente. Ora la Santa Sede conferma la nomina

Sì al vescovo scelto dalla Cina, ma il Vaticano avverte: "Nomine siano concordate"
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Monsignor Giuseppe Shen Bin è il nuovo vescovo di Shangai. Già da aprile il presule si era trasferito nella città più popolata della Cina perché a quell'incarico era stato nominato unilateralmente dal governo di Pechino. Da allora aveva già iniziato ad amministrare i sacramenti. Oggi è arrivata la nomina della Santa Sede per decisione di Papa Francesco.

Le ragioni di Parolin

Il bollettino della Santa Sede con l'ufficialità della nomina è stato accompagnato dalla diffusione di un'intervista del cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin nella quale vengono presentate le ragioni della mano tesa a Pechino. Il porporato veneto ha ammesso che le autorità comuniste non hanno minimamente coinvolto la Santa Sede nella nomina di Shen Bin così come in quella di monsignor Giovanni Peng Weizhao ad ausiliare della diocesi non riconosciuta di Jiangx. Tuttavia, ha spiegato che "il Santo Padre Francesco ha comunque deciso di sanare l’irregolarità canonica creatasi a Shanghai, in vista del maggior bene della diocesi e del fruttuoso esercizio del ministero pastorale del vescovo".

Mancato rispetto dell'Accordo

Si sa che Santa Sede e Repubblica Popolare Cinese hanno firmato il 22 settembre 2018 un Accordo Provvisorio sulla nomina dei Vescovi il cui contenuto resta riservato e la cui validità è stata rinnovata di volta in volta a livello biennale. Il secondo rinnovo c'è stato nell'ottobre del 2022 ed un mese più tardi la Santa Sede si è ritrovata a protestare per l'installazione di monsignor Giovanni Pen Weizhao lamentando la violazione dell'Accordo. Nell'intervista diffusa dalla Sala Stampa della Santa Sede, il cardinale Parolin ha affermato che "è importante, (...), direi anzi indispensabile, che tutte le nomine episcopali in Cina, compresi i trasferimenti, vengano fatte consensualmente, come pattuito".

In questo modo il Segretario di Stato da un lato rivendica la buona volontà dimostrata dalla Santa Sede con la conferma della nomina di Shen Bin alla guida della diocesi di Shangai, dall'altro però sembra voler precisare che se dialogo deve esserci non può continuare la violazione dei contenuti dell'Accordo da parte di Pechino. Bisognerà vedere se l'ammonimento del Segretario di Stato sarà tenuto in considerazione dalle autorità comuniste o se sarà ignorato come accaduto fino ad oggi.

Nelle parole di Parolin, inoltre, si manifesta il grande interesse dei cattolici di tutto il mondo per la situazione della Chiesa in Cina. "Se ho accettato di rilasciare questa intervista - ha spiegato il cardinale - è perché i fedeli cattolici, non solo quelli in Cina, hanno il diritto di essere adeguatamente informati. Infatti, mi sono pervenute molte richieste al riguardo da parte di varie comunità ecclesiali e di persone sinceramente interessate al tema". Tra gli interessati c'è anche chi è fortemente critico con l'Accordo e che prevede una sistematica violazione dei suoi termini da parte cinese.

È il caso del cardinale Joseph Zen Ze-kiun, mandato a processo per il suo sostegno agli attivisti pro-democrazia di Hong Kong all'età di 91 anni.

La Cina, in ogni caso, è in grande considerazione nel pontificato di Francesco ed una dimostrazione arriva anche dall'ultimo annuncio di Concistoro: il 30 settembre, infatti, sarà creato cardinale il vescovo di Hong Kong, il gesuita monsignor Stephen Chow Sau-yan che di Zen è successore.

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