L'italiano più famoso del collegio cardinalizio, l'uomo a cui Francesco ha dato una risonanza mondiale affidandogli - in collaborazione con la Segreteria di Stato - la missione della Santa Sede per favorire la pace tra Russia ed Ucraina. Lui è Matteo Maria Zuppi, 68enne romano, arcivescovo di Bologna e presidente dei vescovi italiani. Il suo nome, inutile negarlo, è ricorrente quando si parla di un futuro Conclave soprattutto da parte di chi non è un addetto ai lavori ma conosce il presule "allevato" nella potente Comunità di Sant'Egidio.
Ma quali sono le posizioni di colui che i denigratori chiamano sprezzantemente il "cappellano del Pd" e che gli estimatori - presenti non solo a sinistra e non solo nello schieramento progressista - chiamano "don Matteo"?
La visione del cardinale
Di recente Zuppi ha pubblicato "Dio non ci lascia soli. Riflessioni di un cristiano in un mondo in crisi" (Piemme). Un libro che presenta l'idea di Chiesa e di società del capo della Cei. L'immagine del cardinale che traspare da queste pagine è diversa da quella stereotipata di uomo caro alla sinistra ecclesiale e politica: se sono tante le citazioni di Francesco, non da meno sono quelle di Benedetto XVI. Zuppi denuncia l'ipocrisia post-sessantottina di "gran parte dell'opinione pubblica progressista (che) salutava con entusiasmo, perchè anti-imperialista, la rivoluzione verde khomeinista, senza coglierne il centro" e colloca il socialismo nella categoria delle "tante escatologie che hanno mobilitato e deluso le masse". Per convincere il lettore dell'esistenza del diavolo nonostante una società contemporanea che fatica ad accettarlo, il cardinale romano tira fuori l'esempio dei "processi staliniani", ma anche delle "false accuse di blasfemia per cui si può rischiare in alcuni Paesi la pena di morte" e delle "accuse di crimini contro la sicurezza nazionale che spesso nascondono l'uso politico del carcere". Il pensiero, nel primo caso, va subito alla contadina pakistana Asia Bibi protagonista di un'odissea giudiziaria lunga un decennio, mentre nel secondo caso ai più attenti viene in mente che quel capo d'accusa fu utilizzato per arrestare e mandare a processo ad Hong Kong il cardinale 90enne pro-democrazia Joseph Zen.
La mediazione tra Russia e Ucraina
Non pacifisti, ma operatori di pace. "Don Matteo" dice la sua anche sul conflitto russo-ucraino parlando di "necessità di pace". Dalle pagine emerge inequivocabilmente la sua consapevolezza sul confine tra aggrediti ed aggressori e quando cita un "intero popolo martoriato" lo nomina esplicitamente dicendo che è quello ucraino. Tuttavia, per Zuppi "la polarizzazione è sempre pericolosa" e contesta chi relega alla categoria dei "sognatori ingenui" coloro i quali cercano la pace in tempo di guerra. Il porporato romano rivela di sentire "la responsabilità anche personale" dell'incarico che gli è stato assegnato dal Papa, spiega di essere stato invitato a tornare a Mosca e rivendica l'opportunità dell'iniziativa perché resta convinto che "le strade vadano cercate mentre c'è la guerra, non quando le armi si fermano per esaurimento o per l'annientamento di una parte". Pur non citando espressamente la Russia di Putin, si capisce benissimo a cosa si riferisce il cardinale quando, subito dopo, rievoca l'episodio in cui San Francesco ammansisce il lupo che terrorizzava Gubbio: "non ignora e non azzera il male che ha fatto, non lo giustifica" ma "la pace la devi fare con chi è coinvolto", scrive Zuppi.
No ad eutanasia e utero in affitto
Un tema caldo è quello del fine vita. Zuppi lo affronta in più paragrafi del libro contestando chi la chiama "buona morte" e condannando la tendenza, molto frequente in Italia negli ultimi anni, a chiedere di "creare norme generali partendo da casi estremi". Per il cardinale l'insistenza su casi limite, diversi tra loro, "contribuisce a far crescere una cultura e, alla fine, una giurisprudenza". Eutanasia e suicidio assistito per il presidente della Cei sono "una scorciatoia" e le associa all'idea di vita come sinonimo di efficienza e successo. Il cardinale invita a riflettere sul tema della solitudine e dice di non credere che "questo spazio intimo e di mistero, di situazioni tutte diverse anche quando sembrano simili, possa adeguatamente essere riempito da una legge". Proprio su quest'argomento, il prelato romano rievoca la figura di San Giovanni Paolo II che "ha mostrato con la sua vita come si può soffrire, non pensare a sè, per amore di tutti" e rivendica il ruolo di una Chiesa spesso bistrattata ma che "sarà l'ultima a lasciare sola, solo, ciascuno di noi". Dal cardinale arriva una chiusura anche sull'utero in affitto rispedendo al mittente le accuse di chi sostiene che i contrari avanzano motivazioni medievali. "Non lo posso accettare, non ci trovo niente di moderno", scrive Zuppi. Poi se la prende con le realtà progressiste che vorrebbero legalizzare la pratica: "Mi sembra contraddittorio che chi ha combattuto e combatte per la piena dignità delle donne (...) possa sostenere quella che mi sembra una violenza e una mercificazione del corpo delle donne, un'espropriazione", si legge nel libro.
Le grandi domande
Per il resto Zuppi si interroga su quelle che sono le grandi domande dell'essere umano di ieri, oggi e domani: perché Dio non ha eliminato la morte, quali parole utilizzare di fronte ad una tragedia, l'utilità della preghiera, il fascino di un Dio crocifisso. Il cardinale lancia l'allarme su quanto sia poco popolare oggi, persino tra i cristiani, parlare del male e quanto sia in crisi il concetto stesso di peccato. A chi vorrebbe metterlo da parte, Zuppi ricorda che "le regole sono il modo di essere liberi, di non servire più altri dei".
Non bisogna dimenticare che quello di Gesù "è un linguaggio strano, 'sì,sì,no,no'" e quindi, scrive Zuppi, "non è un linguaggio edulcorato" con una sua "radicalità". Per questo motivo il cardinale mette nel titolo di un paragrafo che "La Bibbia non è politically correct" e ripete che "la Chiesa non è una ong".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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