Venditti, la musica è un viaggio nel tempo

Antonello Venditti, uno dei più grandi artisti del panorama musicale nazionale che ha fatto la storia della musica leggera italiana, sarà a Genova domani per riempire gli spalti del 105 Stadium.
A distanza di quattro anni dalla pubblicazione del suo ultimo disco, «Dalla pelle al cuore», che ha venduto 300.000 copie, Antonello Venditti è tornato sul mercato discografico con un nuovo album di inediti «Unica», omonimo del tour.
Il concerto sarà un viaggio attraverso i suoi grandi successi dagli anni Settanta ed Ottanta sino ad arrivare ai brani dell’ultimo album. Sarà quindi l’occasione per ascoltare dal vivo le nuove opere del cantautore della scuola romana, e per gustare i vecchi successi come Grazie Roma, Ci vorrebbe un amico, Notte prima degli esami, Sara, Campo de’ fiori, Ricordati di me, Buona domenica e tanti altri.
Un concerto che mette a confronto la musica e i testi del passato con quelli del presente.
«Le canzoni di Unica mi rappresentano oggi e servono per spiegare quelle vecchie».
Un riassunto delle puntate precedenti?
«No, il mio è un concerto-concetto da vedere. È del tutto nuovo, si basa sull’interpretazione visiva».
Ad esempio?
«L’impatto emotivo che ha il pianoforte sul palco. C’è stato il recupero di questo strumento che non mi accompagnava in tour dal 2005. Il pianoforte è sempre stato un mio simbolo. E proprio attraverso quest’ultimo racconto il mondo di oggi e ti porto nel mondo di ieri».
Nel tuo ultimo cd lei parla di libertà, amore, società e anche di politica. Ha affrontato queste tematiche con uno stile più nostalgico?
«Sì, oggi sono un uomo che ha raggiunto consapevolezze diverse rispetto agli anni 70. Per dirla in breve la storia c’è stata, oggi c’è la speranza».
Che speranze ha o vede?
«La crisi che ha colpito la società allontana dalle mode. Finalmente gli ideali di vita inutili ed estetici degli anni passati sembra siano stati messi in disparte, c’è una nuova ricerca, o ritorno ai valori sinceri. Ricordo come un tempo la società si era messa in discussione per avvalorare e difendere diritti sacrosanti come lo statuto dei lavoratori, il divorzio e la pillola».
E oggi?
«Oggi dobbiamo lottare per salvare l’articolo 18, un baluardo invalicabile!».
E la musica?
«La musica nasce e racconta ciò che vivi. Come nella vita anche nella musica ho maturato nuove consapevolezze sperimentando nuovi suoni, nuove tecniche per descrivere quello che mi circonda e che provo. È così che sono riuscito ad affiancare i brani di oggi con quelli del passato uniti nel mio suono attuale molto più rock».
Ma nascono prima le parole o le note?
«È un viaggio che inizia con la musica, le parole arrivano durante.

Magari gli input arrivano ascoltando e sperimentando anche altre sonorità ma l’essenziale è il risultato finale che è quello di mantenere sempre le proprie caratteristiche. Per me fare musica è un’espressione emotiva che racconta una lunga storia, la mia».

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