Veneto Banca, cambio di marcia a doppia cifra

Veneto Banca, cambio di marcia a doppia cifra

Il gruppo Veneto Banca spinge l’acceleratore del private banking sull’onda di una crescita in doppia cifra. Lo scorso anno il cambio di marcia, con la creazione di un’apposita struttura dedicata. Stefano Bergamini, che ne è il responsabile, spiega: «Abbiamo riorganizzato ottenendo maggiore efficacia ed efficienza e facciamo leva sul nostro principale punto di forza: essere banca del territorio, una realtà locale che agisce però in modo globale. Non un semplice slogan, ma una garanzia di contenuti».
Che poggia su quali premesse?
«Basta considerare lo sviluppo di cui sono state protagoniste le banche commerciali governate dalla holding, Veneto Banca, Banca Popolare di Intra e Banca Meridiana, tutte connotate da un forte legame con il territorio e pure capaci di guadagnare mercato grazie alla professionalità e all'articolazione dell’offerta. Sappiamo coniugare al meglio le valenze tipiche della struttura piccola e snella, assai rapida ed efficiente sul campo, con le sinergie a livello di gruppo attraverso le quali il servizio non ha niente da invidiare a quanto offrono le realtà dai nomi più noti e altisonanti».
La crisi ha azzerato le rendite di posizione e ora si riparte tutti dagli stessi blocchi...
«È senza dubbio un vantaggio per chi, come noi, ha puntato sull’ascolto del cliente, trasformando questa capacità in una ricerca di soluzione, inquadrata in una logica multibrand, con l’obiettivo del migliore servizio possibile. In anticipo sui dettami della direttiva Mifid non abbiamo spinto prodotti “di casa”, e quel che non possiamo dare direttamente lo otteniamo tramite solidi rapporti di partnership che permettono anche ai clienti più sofisticati di trovare risposte su misura».
Perché darvi fiducia?
«Non ci poniamo in concorrenza con chi fa del private banking il proprio core business, dato che la nostra attività, al contrario di questi player, si dipana su molteplici fronti e ci garantisce da crisi come quella in atto; né puntiamo a crescere sulle masse: il cliente che lo percepisce sa di poter dormire sonni tranquilli».
Qual è la chiave?
«Aver spostato il baricentro dalla gestione del patrimonio del cliente alla gestione della relazione: significa allargare i confini oltre l’aspetto finanziario per ottenere la fidelizzazione che è alla base delle opportunità di sviluppo».
Quanto incide il legame col territorio?
«Oggi lo sviluppo del private banking si lega al mondo imprenditoriale. La tradizionale vicinanza alle Pmi e l’attitudine a dar loro supporto ci rendono particolarmente competitivi. E con le carte in regola per crescere ancora».
Chi sono i vostri clienti private?
«Individui con patrimoni oltre i 500mila euro; sopra i 3 milioni ci sono i cosiddetti vip».
Che cosa chiedono, alla luce dei crolli di mercato?
«In genere una asset allocation prudente con prodotti che garantiscano il capitale. Di fatto nel 2008 è aumentata la domanda di mercato di prodotti assicurativi.

Mai come in questo periodo si parla di finanza comportamentale, tema al centro della formazione dei nostri gestori per riconoscere i meccanismi cognitivi ed emozionali legati alle scelte d’investimento, collegandoli poi alle aspettative».
Quali le scelte più gettonate?
«Ritornano i piani di accumulo. Tra gli strumenti alternativi, Sicav dedicate, quote di private equity e polizze di diritto estero, oggi in grande crescita».

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