Un tesoro nascosto. Uno dei tanti di Venezia. Stiamo parlando del pittore fiammingo Jheronimus Bosch che ha lasciato al cardinal Grimani (suo committente e mecenate) un piccolo ma inestimabile corpus di opere. Ora il Bosch veneziano, finora conservato nei depositi dell'Accademia, torna alla luce e soprattutto a disposizione del pubblico che da domenica potrà ammirarlo. Ma non in un luogo qualunque bensì proprio in quel Palazzo Grimani fatto erigere dalla famiglia dell'aristocratico cardinale nella prima metà del Cinquecento. L'idea è del nuovo sovrintendente veneziano Vittorio Sgarbi. Lo scopo? Ovviamente creare un cortocircuito altamente simbolico tra cornice e opere d'arte, tra contesto e messaggio. «Bosch a Palazzo Grimani» sarà visitabile fino al prossimo 20 marzo quando gli spazi di questo straordinario esempio di architettura rinascimentale (restaurato soltanto nel 2008) faranno da cornice a un'esposizione di Canaletto. «Venezia possiede dieci dipinti del visionario fiammingo Jheronimus Bosch, ma quasi nessuno lo sa - spiega lo stesso Sgarbi, artefice di questa iniziativa che prende spunto dal successo ottenuto con la mostra dedicata al Giorgione sempre negli spazi di Palazzo Grimani -, visto che non erano esposte al pubblico da anni».
Palazzo Grimani, fa notare il vulcanico soprintendente del Polo museale di Venezia, dopo il restauro era rimasto vuoto, «si poteva visitare su prenotazione, ma si contavano in tutto 500 visite l'anno a fronte di una spesa notevole», ricorda. Da qui la decisione di usare quegli spazi «per mostrare i gioielli di famiglia» dei musei veneziani. Il successo del primo esperimento con tre tele di Giorgione, ha dimostrato che era la strada giusta: «I visitatori sono diventati 500 al giorno», sottolinea. Ora si riparte con Bosch, anche se rimarrà in esposizione - a dialogo con le dieci tele del fiammingo - anche la splendida «Nuda» di Giorgione.
Di Bosch, che a Venezia lavorò tra il 1500 ed il 1510, si potranno ammirare i quattro pannelli de «La Visione dell'Aldilà», nonché due trittici, quello di «Santa Liberata» e quello «degli Eremiti», che erano da anni nei depositi di palazzo Ducale. Tre «capolavori che tornano a casa», fa notare Sgarbi, «perché Bosch li realizzò proprio per la famiglia Grimani». Anzi, per la «Visione dell'Aldilà» - forse ali di un trittico - sarebbe stata identificata anche la originale collocazione che avevano avuto in origine nel palazzo. Opere importanti e bellissime, spiega Sgarbi, «piene di visioni straordinarie e surreali, di un mondo di sogno e di una visione che anticipa Salvator Dalì».
E da gennaio la mostra - organizzata e prodotta da Arthemisia Group - si arricchirà del «Breviario Grimani», un capolavoro con oltre 200 incredibili miniature «che non è stato visto da decenni» e che sarà prestato per l'occasione dalla Biblioteca Marciana.
Dal 24 marzo, poi, sarà il turno del Canaletto, con l'esposizione di due vedute («Veduta del Canal Grande da Santa Croce degli Scalzi» e «Veduta di Campo San Geremia») andate all'asta ad ottobre da Sotheby's dove sono rimaste invendute.
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