La vera capitale italiana della Cultura? È l'Italia

Nel 2024 sarà Pesaro, e così perdiamo eccellenze come Vicenza e Ascoli. Ma è giusta questa "gara"?

La vera capitale italiana della Cultura? È l'Italia

Sono molto compiaciuto della vittoria della città sorella di Urbino, Pesaro - con Urbino una sola provincia - capitale italiana della Cultura per il 2024 (il ministro Dario Franceschini lo ha annunciato mercoledì, raccogliendo l'indicazione di una giuria ristretta che per mesi ha studiato e valutato i dossier i 23 città candidate).

Pesaro è una città poetica e nascosta, nella quale vi è una delle più belle architetture del mondo, Villa Imperiale, mirabile per l'architettura e gli affreschi. La denominazione «Imperiale» deriva dal fatto che l'imperatore Federico III d'Asburgo, di passaggio a Pesaro nel 1469 alla volta della sua incoronazione a Roma, pose la prima pietra. La prima costruzione fu avviata per volere di Alessandro Sforza. Nonostante avesse i caratteri di «luogo di delizia» fuori della città, manteneva caratteri tipici dell'architettura difensiva, come coronamenti merlati (successivamente eliminati) e torrette. Nel secondo decennio del XVI Secolo il duca Francesco Maria I della Rovere e sua moglie Eleonora Gonzaga, che avevano riconquistato il ducato di Urbino dopo un lungo esilio a Cesena e Mantova, affidarono all'architetto Gerolamo Genga il compito di rinnovare e ampliare l'edificio esistente, avendo deciso di stabilire la corte a Pesaro. L'ampliamento si configurò come una architettura autonoma rispetto alla preesistente, con l'aggiunta di un corpo quadrangolare, logge nei quattro lati e paramento murario in laterizio a vista. Genga coordinò un vasto programma di decorazione nelle stanze della parte più antica, con importanti affreschi di molti artisti: Dosso e Battista Dossi, Raffaellino del Colle, Francesco Menzocchi e Agnolo Bronzino. Dietro al nucleo originario della costruzione fu predisposto un sistema di giardini terrazzati con giochi d'acqua. Intorno a un'opera grandiosa come questa Pesaro, al di là della bontà del progetto e dei programmi presentati alla commissione esaminatrice, può autorevolmente affermarsi come la capitale della Cultura, così come intorno al palazzo ducale, alla casa di Rossini, al Rof, a palazzo Olivieri.

Pesaro è una città multipla, turistica e industriale, una città dolce, colta, comoda, viva. Lì lavora il più importante scultore italiano, Giuliano Vangi, cui, in dialogo con i classici, Giovanni Pisano, Tino di Camaino, Donatello, Michelangelo, il Mart di Rovereto sta preparando una grande mostra.

Essere Pesaro capitale gioverà a tutte le Marche. E Urbino non mancherà di sostenere la città sorella con la forza assoluta della sua corte rinascimentale, anche celebrando quest'anno il sesto centenario della nascita di Federico da Montefeltro.

Voglio però indirizzare alla città più importante del mondo per la tradizione e l'idea stessa di architettura, nel nome di Palladio, cioè Vicenza, il mio rammarico per la sconfitta, il che dimostra l'errore del ministro Franceschini nell'avere istituito, come premio di consolazione (dopo lo choc della nomina di Matera capitale europea della cultura) queste capitali di «serie B» dell'Italia sublime, mettendo le città in concorso l'una contro l'altra, sulla base di programmi più proclamati che sostanziali.

Non si possono porre in competizione, con un titolo illusorio, città che esprimono e producono cultura come fossero squadre in uno stadio, oltretutto con dimensioni e infrastrutture molto diverse; come, nella stessa regione, è assurdo contrapporre Pesaro ad Ascoli, città bellissima che meritava un eguale riconoscimento.

Se Pesaro ha Villa Imperiale, Vicenza ha simboli universali come la Rotonda e la Basilica; e Ascoli Palazzo del Capitano e la sua piazza.

Leggere Guido Piovene nel suo Viaggio in Italia (1957) rassicura: «Ascoli Piceno è una tra le più belle piccole città d'Italia, e non ne vedo altra che le assomigli. André Gide la prediligeva bella come alcune città della Francia del Sud, non tanto per questo o quel monumento, ma per il suo complesso, la qualità antologica, l'incanto che viene da nulla e da tutto. Bisogna avervi passeggiato, a cominciare dalla piazza del Popolo, la piazza italiana che insieme con quella di San Marco a Venezia dà più di un'impressione di sala, cinta da porticati, chiusa dalla stupenda abside di San Francesco; o costeggiando il Battistero del Duomo; o lungo le rive scoscese del Tronto; e per le strade strette, chiamate rue, dove i palazzi non si contano; e che si allargano in piazzette Ascoli è città di torri Si succedono molti stili, il romanico, il gotico, il rinascimentale, il barocco con chiese dalle pareti di pietra, senza finestre; un travertino d'un grigio caldo, uniforme, senza intonaco tutto ornato, lavorato, istoriato e su ogni porta e finestra, vedi frutta, fogliami, cariatidi femminili, fiori, animali, stelle, o anche semplicemente proverbi e sentenze scolpite». Dopo queste parole, come privarla dello status di capitale?

E perdura il sospetto, da me e da altri avanzato, che la capitale italiana della Cultura tocchi invariabilmente a città governate dal centrosinistra, fin qui sette su sette, come se città bellissime come Vicenza e Ascoli dovessero pagare il peccato di essere governate dal centrodestra.

Così come, evidentemente, si rispetta una ripartizione per regioni, sarebbe giusto anche un equilibrio nella valutazione politica delle amministrazioni: come Pesaro dalla sinistra, Ascoli è stata sempre ben governata dal centrodestra. E il buon governo dovrebbe essere un criterio di valutazione.

Onore dunque a Pesaro, ma con l'amarezza di aver visto mortificate città non meno importanti.

Le mie considerazioni critiche sulla istituzione - voluta dal ministro Franceschini - della capitale italiana della Cultura riguardano dunque la profonda convinzione della grande bellezza equivalente, e incomparabile, di molte città, originariamente capitali dell'arte italiana, come certamente Ferrara, Urbino, Mantova, e naturalmente Venezia e Firenze.

Roma naturalmente non gareggia, e non credo neppure Napoli, ma Verona e Bari hanno, incredibilmente, ceduto il passo a Procida, capitale silenziosa di quest'anno. Palermo e Parma hanno confermato la loro naturale condizione; ma Pistoia perché? E in che cosa si è manifestata nel 2017? Bella città, ma in cosa capitale? Né si è distinta per particolari iniziative. La stessa Matera, lanciatissima, nell'anno capitale è stata inferiore alle aspettative e al compito solenne. In attesa della prossima capitale europea nel 2033, tocca ora, in nobile gemellaggio e corrispondenza con Nova Gorica, a Gorizia, nel 2025. Una fatalità per riunire, in Europa, ciò che il Comunismo aveva diviso, alzando muri.

Nessun dubbio che Pesaro meriti il riconoscimento, cui ha contribuito con equanime valutazione anche Gianni Letta, testimone per la città, non tanto per un primato nell'arte, rispetto alla perdente Vicenza, quanto per la qualità del progetto culturale che Pesaro, anche più di Urbino, ha coltivato in questi decenni, con importanti iniziative e, indiscutibilmente, con il successo universale, dopo il declino di Spoleto, del Rof, il festival rossiniano.

Proprio per questa attività

meriterebbe, come potrà accadere con Urbino nel 2033, di essere capitale europea della Cultura. Ma oggi il mio compiacimento per la vittoria di Pesaro non può essere comunque limitato per lo sconforto di Vicenza e di Ascoli.

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