La vera storia di Facebook: sesso e miliardi

Esce oggi negli Usa l'attesa biografia del fondatore del celebre sito, un racconto "di orge e scandali". Ma i critici attaccano: "Molti errori e poche fonti, è fantasia". Ma Kevin Spacey ne farà un film

La vera storia di Facebook: sesso e miliardi

E se fosse tutta una grande messa in scena? Il fatto, per adesso, è che oggi è il giorno atteso e a lungo preparato, il giorno dell’uscita negli Usa di una biografia che da almeno 4 mesi si accompagna a un refrain studiato per piazzarsi in classifica: «il libro che sta facendo tremare Facebook», «la vera storia» del multimiliardario (patrimonio personale stimato da Forbes: 1 miliardo e mezzo di dollari) e sbarbato inventore della web community più numerosa del pianeta, l’ex studente di Harvard Mark Zuckerberg. La macchina promozionale si è messa in moto con così largo anticipo che Kevin Specey ha fatto in tempo a mettere in cantiere un film basato proprio su Accidental billionairs. The founding of Facebook, a Tale of Sex, Money, Genius and Betrayal (ed. Doubleday, pagg. 227). C’è tutto quel che serve: sesso, modelle scosciate, droga e rock and roll, il tradimento, gli hacker, i soldi (una montagna), eccessi selvaggi (quel pranzo a base di carne di koala sul mega yacht del capo di Sun Microsystems...) e ovviamente anche la Fbi e gli archivi segreti che non guastano mai. L’attrezzatura per un thriller pseudostorico alla Dan Brown ma attenzione, questa vuol essere una biografia-rivelazione, tutta la verità che gli altri non vi dicono.

Sì, ma cosa rivelerebbe di così scabroso e imbarazzante il giornalista Ben Mezrich (anche lui ex allievo di Harvard), tanto da far «tremare» il 25enne paperone Zuckerberg e il suo colosso? Partiamo dal sesso, perché è da lì che parte tutto secondo Mezrich: «La cosa che avrebbe spinto al successo questo social network - scrive nella prefazione - era la stessa che dominava la vita nel college: il sesso. Anche ad Harvard, la più esclusiva scuola al mondo, tutto girava attorno al sesso. Che si riuscisse a farlo oppure no». E il nostro Zuckerberg rientrava, ma solo all’inizio, nella seconda casistica. Perché la storia, secondo Mezrich, è quella di due giovani geek di Harvard (Zuckerberg e l’amico Eduardo Saverin), imbranati con le ragazze ma sveglissimi con i pc, e del loro gioco «sporco». Quale gioco è facile immaginare, ma a quel tempo la cosa non era scontata affatto. Per farla breve i due smanettoni arrapati cominciano a scaricare di nascosto (entrando nei computer delle studentesse con tecniche di hacking) le foto delle loro compagne di università, ordinandole in una classifica di bellezza attraverso un programma che chiamano FaceSmash.

Nel giro di poco la voce gira per tutto il campus e gli altri studenti di Harvard iniziano a collegarsi per votare la ragazza più sexy. Il sito, sull’onda dell’ormone in palla dei diciottenni, cresce di contatti e la scintilla sessuale che lo ha fatto nascere porta con sé altro sesso. «Partendo dall’assunto che Facebook è nato per portare a letto le ragazze - spiega un giornalista di ABC News -, si dilunga nel racconto di festini con modelle di Victoria’s Secret e scorribande sessuali nei bagni maschili». Sesso sì, ma forse non abbastanza per far tremare qualcuno, tantomeno il 25enne Zuckerberg. Anche perché persino la genesi «sessuale» di Facebook è stato messa in dubbio dai critici americani. Sarah Lacy, del Washington Post (scrittrice e già autrice di un’intervista all’allora diciannovenne inventore di Facebook) racconta di un personaggio schivo e riservato, molto lontano dal ritratto alla Animal House che ne fa Mezrich: «Fin dall’inizio di Facebook tutti sapevano che Zuckerberg era fidanzato seriamente con una ragazza». La giornalista muove al libro pesanti accuse di scarsa attendibilità e accuratezza nella ricostruzione dei fatti. E non è la sola a farlo. Il quotidiano The Observer parla del libro, in un articolo intitolato «A sexy saga of Facebook’s birth - but it is fantasy?». Stessi dubbi per il New York Times, titolo del pezzo: «Nuovo libro su Facebook, una parte è basata su fatti». Allora, inchiesta o invenzione?

Veniamo alla parte più succosa della biografia, quella sul capitolo «tradimento». E qui emerge la principale fonte di Mezrich, il co-inventore di FaceSmash (alias Facebook) Eduardo Saverin. Quest’ultimo, uno dei creatori del primo sito thefacebook.com, è stato poi fatto fuori dalla società e, secondo il libro, messo a tacere probabilmente con un lauto compenso (Saverin a fatto causa al gruppo ma poi l’ha ritirata improvvisamente...). La nota stonata, oltre a quella di servirsi di un fonte non certo imparziale come Saverin, è soprattutto un’altra: l’autore non ha mai sentito direttamente Zuckerberg, mai, anche se stava scrivendo una biografia di 227 pagine su di lui. La reporter Caroline McCarthy, che ha letto in anteprima una copia del libro, lo stronca senza pietà: «Non è né una analisi ficcante né una rivelazione choc delle origini di Facebook. E non è nemmeno grande letteratura. Mezrich lavora per lo più con fonti di seconda mano». Molti episodi non tornano. Il famoso pranzo a base di koala, per esempio, è stato smentito: nessuno dei dirigenti della Sun Microsystems all’epoca possedeva uno yacht del genere descritto dal libro. Un altro scivolone. In una scena, collocata nel 2004, un personaggio si lamenta del sito di gossip valleywag, che però è nato due anni dopo. Altre e numerose imprecisioni qua e là, ma l’editore ha messo le mani avanti presentando il libro così: non è un reportage, ma un gran divertimento (big juicy fun). L’unico entusiasta è Kevin Spacey, che lo produrrà per Hollywood. L’attore ha anche rilasciato un commento in esclusiva per Amazon.com: «Accidental Billionaires è un perfetto abbinamento tra soggetto e autore. È un puro divertimento, e Hollywood se n’è accorta. Se il mio film sarà all’altezza del libro, sarà un successo».

Un «gran divertimento» che però esce nella categoria non-fiction, cioè saggistica, come il precedente bestseller di Mezrich, Bringing Down the House: The Inside Story of Six MIT Students Who Took Vegas

for Millions (2002). Altra storia di dollari e sesso, altro libro che è diventato un film. Poi però il Boston Globe scoprì che l’inchiesta era per metà fuffa. Chissà non succeda anche con le folli notti di Mark Zuckerberg.

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